Alessandra Nardini è un’archeologa che lavora all’Università di Siena e che si occupa di didattica per Archeotipo. Ma è anche una mamma, attenta a carpire dai gesti e dalle parole dei suoi due bambini, Guido e Tommaso, quanto sia importante offrire ai piccoli esperienze di immedesimazione e di contatto diretto con il passato.
In questo post spiega che cosa può accadere all’interno di un Archeodromo come quello recentemente inaugurato a Poggibonsi (SI) e lo fa attraverso un racconto scritto per i bambini, ma che parla anche ai grandi.
Buona lettura!
E’ Novembre… un po’ di nebbia confonde i contorni degli alberi e dei tetti ma il grande freddo è ancora lontano e si può uscire senza prendere il mantello…
C’è silenzio: il villaggio si sta ancora svegliando.
Vicino alla grande capanna, Garipaldo ha appena acceso il fuoco per preparare da mangiare per i contadini e gli artigiani che fra poco inizieranno a lavorare: fa delle buonissime focacce e ai bambini (quelli bravi!) ne dà sempre qualcuna in più! Da lontano, Bledo, carico dei suoi attrezzi, cammina verso la sua bottega e fra poco si farà sentire con il rumore del martello sull’incudine. Ogni giorno io e mio fratello andiamo a sederci un po’ nella sua bottega: siamo diventati bravi a far andare il mantice e… ci ha detto che fra poco tempo potremo imparare a battere il ferro e diventare, un giorno, bravi proprio come lui!
Oggi sono emozionatissimo perché mi ha promesso che finirà di forgiare il mio coltellino e potrò finalmente legarlo alla cintura come il mio babbo! Mi chiama… vado giù di corsa ed ecco: il mio coltellino è pronto ed è bellissimo!! Corro a cercare Johannes, il falegname, la sua bottega è lassù in alto vicino all’orto di Teupala e dovrò pregarlo di farmi il manico più bello che può per questo splendido coltellino.
Il profumo delle focacce è ormai forte e la mia mamma, Ermentrude, chiama tutti vicino al fuoco; il latte è caldo e stamani possiamo mangiare anche un po’ di formaggio: in questi giorni dobbiamo essere tutti in forza perchè c’è tanto da lavorare. Fra pochi giorni, il nostro signore, Razo, tornerà dalla guerra, accompagnato dal suo scudiero, e tutti qui nel villaggio sono agitati e preoccupati che lui sia contento di come hanno lavorato in sua assenza: io credo che siamo stati tutti bravi perché i magazzini sono pieni e il mio babbo Bodo nel suo campo ha raccolto veramente tanti sacchi di farro e orzo! A noi bambini piace tanto quando Razo torna… Le sue armi sono bellissime e quando lo vediamo arrivare gli corriamo incontro; così lui ci lascia portare la sua lancia e il suo scudo fin dentro la sua capanna!
Poi, intorno al fuoco, inizia a raccontare tutte le sue avventure: lui è un guerriero importante e valoroso ed ha conosciuto anche Carlo Magno! Io un giorno diventerò come lui ed avrò una grande casa proprio come la sua: spesso, di nascosto, io e il mio fratello Gerberto saliamo nel soppalco della sua capanna, dove dorme lui, e facciamo finta di essere diventati grandi ed essere anche noi forti guerrieri e di avere un magazzino pieno di cose buone da mangiare!
Ma la mamma ci scopre sempre e ci obbliga a scendere: ha lei l’incarico di tenere in ordine la casa di Razo quando è in guerra, così se lui al ritorno trova qualcosa fuori posto la sgrida!!
“Wido… scendi!”
Tutti i bambini sono stati chiamati a raccolta dobbiamo andare a prendere la corteccia nel bosco per tingere le stoffe per i nuovi vestiti e dobbiamo raccoglierne tantissima per tingere per tutti!
“Guido… scendi dal soppalco! Non puoi salire, lo sai!”
“Mamma, io sono un grande guerriero e questa un giorno sarà la mia grande capanna!”
“No, amore… tu sei un bambino che vive nel 2014: sai che siamo in un museo e dobbiamo rispettarlo perché rimanga in ordine per tutti i bambini che verranno a visitarlo!
E’ vero… oggi siamo a Poggibonsi perché mamma e babbo lavorano all’Archeodromo e mio fratello Tommaso ed io stiamo con loro. L’archeodromo è un museo “speciale”, senza vetrine e pannelli, dove puoi vedere e toccare come era fatto il passato. A Poggibonsi, quest’estate è stata ricostruita una grande capanna, si chiama longhouse ed è una capanna del IX secolo.
Gli archeologi hanno trovato le tracce di questo edificio scavando sotto i muri del castello di Poggio Bonizio (vicino a dove poi sorgerà Poggibonsi): la capanna stava al centro di un villaggio ed era circondata da magazzini, stalle, orti e botteghe artigiane ed era abitata da un signore che controllava i contadini e gli artigiani che vivevano nel villaggio. Questo signore si faceva consegnare la maggior parte di quello che i suoi sottoposti producevano e lo faceva conservare dentro un grande magazzino, proprio vicino a casa sua: molti dei prodotti venivano conservati anche all’interno della sua grande capanna in una zona solo per lui!
La longhouse era molto grande, quasi 140 mq, ed era molto più spaziosa delle altre abitazioni: aveva un bel focolare, una macina per il grano ed un telaio al centro della stanza.
Nel soppalco dormiva il signore con la sua famiglia mentre al di sotto, in un pagliericcio, dormivano i suoi servi.
La capanna, come tutte le abitazioni del villaggio, aveva l’armatura in pali di legno e i muri erano fatti con argilla pressata e paglia, il pavimento era in terra battuta e il tetto ricoperto con cannucce. Tutti questi materiali non si conservano nel tempo perché sono deperibili, ma gli archeologi, scavando, hanno trovato le buche dove erano infilati i pali e hanno raccolto frammenti di ceramica, semi e ossa animali grazie ai quali sono riusciti a capire come veniva usata e come era organizzata la capanna.
La capanna ricostruita è fedelissima a quella che è stata trovata durante lo scavo ed è proprio come l’avrebbero costruita nel medioevo, usando gli stessi materiali e le stesse tecniche.
Gli archeologi, dopo aver pensato questo museo, hanno poi deciso di “dar vita” a questo villaggio e lo hanno popolato di donne, uomini e bambini, hanno dato loro dei nomi e pensato per loro delle storie… Non hanno usato la magia: i vestiti, gli oggetti, i mestieri, sono tutti ricostruiti sulla base delle tracce materiali, delle fonti iconografiche e dei documenti scritti.
Hanno usato una specie di macchina del tempo che è la “sperimentazione”: hanno studiato e hanno provato a lavorare e a produrre oggetti con gli strumenti e le tecniche dell’epoca.
Per i bambini, ma anche per i grandi, l’Archeodromo è molto divertente ed è facile da capire perché basta guardare per imparare!
… e con un po’ di fantasia tutti possono tornare indietro nel tempo, in un villaggio al tempo di Carlo Magno!
Archeologa, è responsabile del Laboratorio di Informatica Applicata all’Archeologia Medievale dell’Università di Siena e si occupa di didattica per Archeotipo
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