E’ successo di nuovo. Ancora uno stop nei lavori per la costruzione della linea C della metropolitana di Roma. La notizia è quella riportata da il quotidiano romano Il Tempo solo 5 giorni fa. Il titolo è “I pretoriani di Adriano bloccano la metro C”, ma si legge “Ennesimo stop ai lavori della metro C”.
Diciamo pure che in Italia è una circostanza piuttosto frequente.
A Roma è scoppiato un vero caso: chi dice basta con gli sprechi, chi dice che le indagini preventive sono state fatte poco seriamente, chi propone la soluzione di una metropolitana di superficie, chi infine vuole solo che la metro sia finita quanto prima.
Il rischio di rimanere incastrati in un ingranaggio di parole vuote è alto e non è nemmeno facile avere una propria idea su quanto accade in questi casi nelle nostre città e nelle nostre comunità.
In Italia abbiamo la più alta densità al mondo di beni culturali per superficie di territorio: non è difficile che facendo un qualunque lavoro di scavo si possa inciampare in un pezzo della nostra storia. E che storia! A volte davvero da lasciare senza fiato.
Nel caso della recente scoperta fatta alle pendici meridionali del Celio, non si tratta dei quattro sassi additati spesso dall’opinione pubblica come ostacolo allo sviluppo delle opere pubbliche. Qui parliamo di un edificio articolato in 39 stanze, da riferire probabilmente a una caserma dei militari che nel II secolo d.C. erano addetti alla sicurezza della città di Roma e dell’Imperatore. Tutto intorno sorgono infatti altri edifici con una funzione simile, a indicare proprio l’esistenza, in questa parte della città, di una specie di quartiere militare.
Ma per quanto ne raccontiamo l’eccezionalità, questo è uno di quei casi destinati a non essere bene accolti dall’opinione pubblica: una scoperta che non genera entusiasmo, ma si trasforma subito in un problema: varianti di progetto, fermo lavori, malcontento, tempi e costi dilatati.
Anche i giornali e la rete aumentano il senso di intralcio che queste scoperte destano nelle persone comuni. Il linguaggio che usano è indicativo a questo proposito: termini come incidente di percorso, spiacevole inconveniente, alto rischio, pessimo presagio, stop, blocco, disagio non fanno altro che mettere il sale sulla coda a tutti quelli che di passato e di antico non vogliono sentir parlare.
Ma che magari sono gli stessi che poi quando vanno in vacanza un giro dentro a un museo
lo fanno. Perché all’estero è tutto meglio. Soprattutto perché è all’estero, a casa di altri. E
la patata bollente rimane in mano a loro.
L’edificio scoperto durante i lavori si trova a 9 metri di profondità rispetto all’attuale viale Ipponio, è in buono stato di conservazione e si sta quindi cercando una soluzione tra le diverse parti in gioco, perché il soprintendente Francesco Prosperetti non ritiene possibile smontare l’edificio e rimontarlo da un’altra parte.
E’ questa infatti una procedura che viene adottata in alcuni casi; non mi sento di chiamarla soluzione, perché smontare un edificio e rimontarlo da un’altra parte, fuori dal proprio contesto, slegato da tutte le relazioni topografiche, sociali, economiche e umane che aveva nelle maglie della città è come togliergli senso.
Anche i nostri amici di Salonicco hanno dovuto affrontare un problema simile.
Qui i lavori della metropolitana sono cominciati nel 2006 e, in corrispondenza di due stazioni in particolare, le scoperte sono state importanti: un lungo tratto pavimentato dell’antica via Egnatia di epoca bizantina, con tanto di colonnato ai lati e un incrocio stradale.
Del resto se piazzi la metropolitana lungo l’asse di attraversamento della città antica, è piuttosto probabile un incontro-scontro con la storia…
In tanti si sono mobilitati per cercare di opporsi a quella che sembrava qualche anno fa l’unica via di uscita: smontare e rimontare la strada in un’altra parte della città, in uno spazio libero. Ma dove? Ora, se solo muovere un oggetto dal suo contesto snatura quell’oggetto perché lo priva della sua rete di relazioni, figuriamoci che cosa accade per una strada che è per eccellenza il luogo delle relazioni! Qualcosa che disegna un paesaggio urbano o extraurbano, che è fatta così perché intorno il paesaggio è in un certo modo, che è stata costruita là perché le persone potessero raggiungere un luogo preciso. Rimontare dei basoli o delle lastre stradali in un parco pubblico non è conservare la strada. L’unico modo per conservare la strada è lasciarla lì dove è stata pensata, perché solo lì ha un senso.
Ma come si fa a conciliare la conservazione di questi resti con le esigenze di una moderna metropoli che ha un passato denso come Roma?
E’ solo di pochi anni fa (2008) un’altra grande scoperta, avvenuta sempre durante i lavori per la nuova linea metropolitana, che ha interessato la zona di Piazza Venezia. Anche qui, a pochi metri di profondità, furono messi in luce gli stanze di un edificio interpretato dagli archeologi come Athenaeum, cioè uno spazio fatto costruire da Adriano nel II secolo d.C. in cui gli uomini di cultura del tempo potevano incontrarsi. Nel VI secolo, quando l’edificio aveva perso la sua funzione originaria, una parte venne occupata da alcuni forni che potrebbero essere le tracce di una zecca, ovvero il luogo in cui si coniavano le monete della Roma bizantina.
Per gli addetti ai lavori una scoperta davvero importante che all’epoca, proprio come è accaduto nei giorni scorsi, fece parlare molto, tra giornalate e prese di posizione. Come è finita questa storia?
Sotto gli occhi dei passanti, oggi c’è un grande scavo a cielo aperto, che parla con grande fatica alle persone che si fermano a guardare i resti che si vedono oltre le transenne. L’Athenaeum di Adriano e la zecca della Roma bizantina sono formalmente salve, ma possono dirsi integrati nello spazio della piazza? Le abbiamo davvero recuperate al nostro presente?
Non è certo semplice trovare una strada che metta d’accordo la protezione del nostro passato con i legittimi bisogni della nostra contemporaneità.
E in città come Roma o Istanbul lo è ancora meno.
Ci sono però casi in cui i lavori pubblici sono stati vere e proprie penne per scrivere storie insperate.
Un caso emblematico è proprio la costruzione della metropolitana di Istanbul, dove si è realizzato un tunnel sotto il Bosforo per collegare le due sponde di questa incredibile città sospesa tra due mondi. Il serpentone di cemento si è inabissato sotto il mare… ma ha incontrato niente meno che il porto di Teodosio! Il porto della Costantinopoli di IV e V secolo, insabbiatosi, ci ha restituito decine e decine di navi con il loro carico: una scoperta da fare accapponare la pelle.
I lavori sono stati lunghi, le navi rimosse e trasferite presso Università e Musei, un recupero di informazioni senza precedenti che ha permesso di riscrivere la storia economica della capitale dell’impero d’Oriente. Mai ne avremmo saputo niente senza questo spiacevole incidente di percorso.
Qualcosa di molto simile è accaduto anche nella nostra Napoli, dove la costruzione della metropolitana è stata una occasione per conoscere aspetti importanti della vita della città; uno per tutti il porto dell’antica Neapolis con le sue imbarcazioni.
Benedetti gli incidenti di percorso allora!
Ci deve essere un modo per aiutare le persone a percepire questi eventi fortuiti come occasioni invece che come incidenti; dobbiamo trovarla una strada perché le parole ritardo, spreco e disagio si possano volgere in positivo!
I Greci, che da sempre ci insegnano le cose importanti che contano nella vita, i valori a cui rimanere attaccati e gli obiettivi da non perdere mai di vista, anche questa volta ci hanno dato un grande insegnamento, proprio con la loro metropolitana.
E’ stata una strada lunga da percorrere; lunga nei tempi e costosa. Ma l’inevitabile
susseguirsi di incidenti si è trasformato in una incredibile sequenza di occasioni per conoscere, valorizzare e fare proprio un passato che oggi può essere raccontato proprio attraverso la
metropolitana.
Così che un viaggio per spostarsi da una parte all’altra della città per andare a scuola, al cinema o al lavoro è anche un viaggio nella storia della città, per i suoi abitanti e per tutti coloro che la visitano.
Anche in Italia possiamo riuscirci.
Non è vero che le persone non capiscono, che la pensano tutte allo stesso modo.
In più siti che riportavano la notizia della scoperta della caserma alle pendici del Celio mi sono fermata a leggere i commenti. Chi ritiene che sia meglio asfaltare tutto c’è sempre, ma ho letto anche commenti intelligenti e positivi, di persone che proprio non ce la fanno a percepirla come una brutta notizia e che, anzi, vedono nella costruzione della metropolitana romana una occasione per far venire fuori dall’oblio un patrimonio che ancora non conosciamo e che possa essere attrattivo anche per i tanti turisti che ogni tanto visitano la città.
Mi piace pensare a una metropolitana che nasca con il duplice obiettivo di realizzare un’opera necessaria e di conoscere il proprio passato, che è un’esigenza altrettanto necessaria se le persone vengono guidate in un percorso di heritage education; una metropolitana che proceda nella speranza di incontrare e non di schivare le tracce del nostro passato.
Costerà certamente di più, ma sarà più alto anche il suo valore culturale.
Solo così forse possiamo sperare che gli alti costi saranno investimenti, non sprechi, i ritardi saranno tempo per la conoscenza e i disagi dei cittadini un regalo per il futuro di chi verrà domani.
Elisabetta
Vivo a Siena, una città in cui è impossibile non essere circondati dalla storia. Non volevo fare l’archeologa fin da piccola, ma credo di averlo capito al momento giusto.
Ho legato il mio cuore a siti speciali in cui ho avuto e ho la fortuna di lavorare e sono un discreto topo di biblioteca. Ma una delle cose che preferisco fare è condividere le storie che leggo nella terra con i bambini: occhi trasparenti e domande spontanee mettono a nudo l’archeologia e non ammettono risposte vaghe!
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