Siete pronti per fare un viaggio nel tempo?
Questa è una storia ambientata in quello che oggi è conosciuto come il Castello di Rocca San Silvestro (LI).
Novecento anni fa – anno più, anno meno – questo posto si chiamava ancora Rocca al Palmento e doveva avere all’incirca questo aspetto…
“Martino! Martino..? Oh, eccoti qui! Ma perché non rispondevi?”.
“Vi chiedo scusa, madre, ero sovrappensiero…”.
“Sembri strano oggi, cos’hai? Incredibile che tu non sia già fuori a correre e giocare… sicuro che vada tutto bene?”.
“Sì, madre, è solo che oggi… non ho voglia di giocare…”.
Da quando in qua suo figlio preferiva starsene in casa, seduto in un angolo, piuttosto che andarsene in giro per tutto il villaggio fino a quando non tramontava il sole? Lo conosceva bene: c’era qualcosa che non voleva dirle, ne era certa.
“Va bene, Martino, fingerò di crederti, ma solo perché tuo padre stamani ha dimenticato di prendere il pranzo, io non posso lasciare i tuoi fratellini e bisogna che tu scenda fino alla forgia a portaglielo”.
“Ma madre, ecco… Io non mi sento molto bene, ho la fronte calda, sentite…”.
“Vieni qui, vediamo… A me sembra proprio che tu stia benissimo! Dì, non è che stai cercando una scusa per disubbidirmi?”.
“Ma, madre…”.
“Niente ma! Su, tuo padre fatica tutto il giorno per noi…”
“Veramente fatica per quegli sbruffoni dei signori Della Rocca!”, replicò con un cenno della testa verso un “lassù” indefinito che stava ad indicare la parte più alta del castello, su cui spiccava la grande torre.
“Martino, adesso basta! Scendi immediatamente da tuo padre e portagli il suo pranzo! Non farmelo ripetere due volte!”.
“Va bene…”.
Martino uscì di casa con fare circospetto. Avrei voluto vedere voi! Era già un po’ di tempo che quel bruto di Bartolo, figlio del capo dei minatori e la sua banda di stupidi scagnozzi l’avevano preso di mira: se ne approfittavano perché lui era più piccolo ed era arrivato in quel borgo solo da pochi mesi. Ogni volta che lo incrociavano per strada erano sberleffi e scappellotti e lui, Martino, giusto il giorno prima aveva dovuto ringraziare solo la sua agilità, la sua furbizia e la sua capacità di sgattaiolare via più veloce di un furetto (tecniche affinate in quei suoi otto anni di vita per sfuggire alle grandi mani da forgiatore di suo padre, che era sì uno uomo buono, ma non troppo amico delle parole, nemmeno nell’educazione dei figli) se non le aveva prese davvero di santa ragione.
Diciamo la verità, la causa di tutto quell’astio aveva un nome: Pia, lunghi capelli biondi e due occhioni più azzurri del cielo. Da quando Martino e la sua famiglia si erano trasferiti a Rocca a Palmento, era apparso subito chiaro che Bartolo avrebbe dovuto riporre in fondo al pozzo più profondo del villaggio le sue speranze sentimentali con lei e, come ogni innamorato tradito, no, non l’aveva presa bene… continuava a chiedersi, cosa c’avesse visto Pia in quel moccioso pelle e ossa, mentre lui, grande e grosso com’era già aiutava suo padre in miniera e di certo avrebbe potuto proteggerla come meritava!
Intanto Martino era arrivato alla forgia, subito fuori dalle mura bianchissime della rocca: i signori l’avevano fatta costruire laggiù per paura che potessero accadere incidenti col fuoco che avrebbero potuto mettere a rischio l’intero villaggio. Suo padre stava riparando una delle spade delle guardie del castello. Appena Martino gliela vide in mano, i suoi occhi iniziarono a brillare: sognava, da grande, di diventare cavaliere, girare il mondo e proteggere principesse bionde con gli occhi azzurri (che, casualmente, somigliavano tutte a Pia) proprio come nelle storie che aveva sentito raccontare da quel vagabondo mezzo pazzo che tempo prima era passato da quelle parti.
“…Martino… Ma dove sei con la testa?”, anche suo padre aveva notato che gli era bastato vedere quella spada per volare via lontano coi pensieri. “Dai, su, adesso torna a casa che altrimenti tua madre si preoccupa. Ci vediamo stasera, figliolo!”.
Già, doveva ripercorrere la strada al contrario e sperare anche a questo giro di non incappare in Bartolo e negli altri. Camminava a scatti, ora veloce, ora più lento e non poteva fare a meno di guardarsi intorno cercando di scrutare ogni angolo all’incrocio dei viottoli. Era ormai sicuro di averla scampata, quando all’ultima svolta, praticamente davanti a casa di Pia e a due passi dalla sua, eccolo lì, Bartolo! Dannazione!
Fece per girarsi e scattare nella direzione opposta come aveva fatto il giorno prima, ma a quanto pare, per quanto stupidi fossero i suoi amici, quel suo trucchetto l’avevano imparato e, in tre, avevano visto bene di chiudergli anche quella scappatoia. Era circondato: quattro contro uno, nessuna possibilità di farla franca!
Eccoli che iniziano con gli insulti ed ecco che quel vociare nel vicolo attira l’attenzione dell’ultima persona che Martino avrebbe voluto lì ad assistere alla sua disfatta: Pia!
Volete sapere se Martino riuscirà a sfuggire a Bartolo e ai suoi compari? Lo scopriremo insieme la prossima settimana, ma voi intanto potete scriverci per raccontarci cosa avreste fatto al suo posto…
8 anni. Prima lezione di Storia. Una maestra speciale che m’incanta parlando della fine di Pompei e degli scavi che l’hanno riportata alla luce insieme alle storie dei suoi antichi abitanti. Quel giorno ho deciso che da grande avrei fatto l’archeologa.
E forse è per via di questo inizio che ancora mi trovo divisa tra la passione del fare ricerca sporcandomi le mani di terra e la consapevolezza che raccontare il nostro mestiere, soprattutto ai più piccoli, lo possa caricare di senso e di futuro.
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