Quando sono andata in città per far passeggiare Nina, la vita sembrava seguire il suo corso normale. Ciascuno era perso nelle proprie occupazioni, come se il domani fosse una certezza.
La vita sulla terra all’epoca dei dinosauri doveva essere di una noia mortale. A parte covare le uova e procacciarsi il cibo, anche predando i propri simili, non è che queste creature avessero molto altro da fare. E risulta davvero difficile pensare che per ben 160 milioni di anni non sia accaduto nulla che abbia anche solo minimamente sconvolto i ritmi della loro placida esistenza. Nulla prima del buio definitivo.
Ma se le cose fossero per assurdo andate diversamente? Se quella dei dinosauri fosse stata una civiltà evoluta come la nostra, con città, teatri, musei, chiese e con ruoli sociali ben definiti?
Quella raccontata nell’albo Prima dell’Apocalisse di Adèle Bourget-Godbout con le illustrazioni di Réal Godbout (figlia e padre), Orecchio Acerbo Editore, è ovviamente una storia di fantasia, che di scientifico non ha nulla e che nulla vuole aggiungere a quanto già si conosce sui dinosauri, almeno fino alla loro improvvisa scomparsa. Il racconto diventa semmai il pretesto per riflettere, partendo da una specie ben conosciuta – più per il fatto che ad un certo punto si sia estinta che per altro -, sulla precarietà dell’esistenza umana sulla terra e sul grande mistero che ci avvolge tutti e che incombe sulla fine del mondo.
Protagonista è una deliziosa piccola dinosaura, con riccioli biondi alla Shirley Temple, che conduce una vita niente affatto diversa da quella degli altri bambini: chiede alla sua mamma di leggerle la favola della buonanotte, porta a spasso il suo cane-dinosauro, ama le giostre e ha una grande paura del dentista, raccoglie conchiglie sulla spiaggia e fa a fatica a restarsene buona sulle panche della chiesa durante la messa. Vive in una città con enormi palazzi e tanto verde, uno scenario urbano assolutamente normale e dai contorni ottocenteschi, in cui però di tanto in tanto si colgono particolari inquietanti: il dinosauro generale che divora una bambina tra gli arbusti del parco o gli strani pidocchi che si agitano nell’aria sulla testa di Cosetta, l’amica della protagonista, e che tanto terrorizzano le sue compagne di scuola.
Pur non avendo perso, crescendo, uno sguardo innocente e incantato sul mondo, la bambina non può fare a meno di interrogarsi su quello che vede attorno a sé e porsi domande a cui da sola non riesce a trovare una risposta: perché per molti risulta così divertente prendersi gioco degli altri? Perché la gente passeggia davanti ai musicisti di strada senza vederli? Perché le bambine devono sempre travestirsi da principesse quando ci sarebbero infinite altre possibilità? Come fa il cielo a restare blu nonostante il fumo nero e denso delle ciminiere?
Di pagina in pagina le domande della piccola dinosaura diventano sempre più grandi e acute, trascendono i problemi della sua quotidianità e si estendono fino ad investire tutta la storia dell’universo.
Mi dicevo guardando le reliquie di questi grandi antenati scomparsi, che noi eravamo in fondo poca cosa e che ciò che pensavamo immutabile non era niente di più che una piccola onda nell’oceano del tempo.
Nella sua testa percepisce con straordinaria lucidità quello è di là da venire, nonostante i grandi stentino a crederla e si ostinino a considerarla una bambina con “troppa immaginazione”.
E in quel suo volersi staccare dalla terra e volare nel cielo fino a toccare la luna, nel suo pensiero ostinato sulla fine del mondo c’è in nuce tutta la drammaticità di una sorte che di lì a breve inghiottirà nel mistero più buio la sua e la storia di tutti i dinosauri.
Un libro commovente e ironico quello dei Bourget-Godbout che, nel formato come nella scelta del lettering e nell’impostazione grafica della doppia pagina, ricorda i libri di favole di inizio Novecento.
E anche le illustrazioni seppiate all’interno della copertina aggiungono un tocco di “antico” all’albo, in linea con l’arcaicità dei personaggi. Ogni singola tappa del racconto, corrispondente ad un momento della vita quotidiana della piccola dinosaura, è introdotto da un bottello con il titolo in scrittura corsiva e nella pagina a fianco vi è una tavola illustrata accompagnata in basso da un testo riquadrato, anch’esso in corsivo, quasi fosse una didascalia dell’immagine. Il ritmo grafico costante è spezzato a metà albo da una tavola a doppia pagina che riassume su quattro livelli continui i possibili travestimenti carnevaleschi della piccola dinosaura, ispirati alle diverse epoche storiche, dalla preistoria al Novecento.
I dettagli delle tavole sono tantissimi e di un realismo scrupoloso, come ad esempio nella rappresentazione, anch’essa a doppia pagina, del globo terrestre presidiato ai quattro angoli da altrettante mostruose figure di dinosauri.
Sebbene il mio interesse per i dinosauri e la paleontologia in generale non sia mai stato particolarmente rilevante, la delicatezza poetica di questo albo mi ha colpito. Al posto dei dinosauri ci potrebbero essere creature umane e il messaggio finale sarebbe lo stesso: siamo esseri mortali in transito sulla terra, un piccolo e irrisorio incidente se messo a confronto con l’immensità misteriosa dell’universo. E in fondo, questo dovrebbe essere il senso ultimo dello studio della storia remota e vicina: confrontarsi con il tempo che passa e sentirci partecipi di un continuo e inarrestabile divenire.
Prima dell'Apocalisse
C'era una volta, sessantacinque milioni di anni fa, una specie che dominava il mondo intero... In un mondo che somiglia straordinariamente al nostro, una piccola dinosaura osserva, s'interroga, sogna. Leggero e profondo, commovente come pochi, il diario di una bambina che vorrebbe - dovrebbe - diventare grande. Età di lettura: da 4 anni.
Aggiungi il libro al tuo scaffale!
Se acquisti il libro cliccando sul pulsante qui sotto aiuterai a sostenere il nostro lavoro. Riceveremo una commissione da Amazon che non inciderà sul prezzo di vendita.
Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
Comment here