In principio c’era soltanto un’unica massa d’acqua, “scura e turbolenta”, chiamata Nu.
Al suo interno era compresa ogni cosa: il cielo, il sole, la luna, le stelle, persino l’Oltretomba. Poi, all’improvviso, da questo ammasso grigio indistinto venne fuori Atum, il dio creatore, il capostipite di una lunga discendenza divina. Prese posto su una piccola altura, ça va sans dire, a forma di piramide e da lassù, tra sputi, starnuti e vomito, si diede un gran da fare per mettere al mondo i suoi discendenti. I figli di Atum, Shu e Tefnut, incarnavano rispettivamente l’aria e l’umidità e come tutti i bambini davano non pochi grattacapi al loro padre. Un giorno scomparvero senza lasciare alcuna traccia e Atum, disperato, si cavò un occhio e lo mandò in giro per i campi e le acque a cercarli e quando finalmente li ebbe trovati, pianse di commozione e dalle sue lacrime nacquero gli esseri viventi.
Quella di Atum è soltanto una delle innumerevoli leggende nate dalla mente fantasiosa degli Egizi per spiegare l’origine del mondo. Ogni città ne aveva una: Eliopoli, Menfi, Ermopoli, Tebe.
Tali leggende fanno parte di un più ricco e variegato repertorio mitologico egizio ora raccolto, rielaborato e rinarrato nel libro di Sofia Gallo Miti e storie dell’antico Egitto, illustrazioni di Andrea Rivola, La Nuova Frontiera junior.
La mitologia egizia – forse meno popolare rispetto a quella greca ma altrettanto efficace dal punto di vista narrativo per la violenza, il paradosso, i colpi di scena che connotano i suoi intrecci – ci è stata tramandata grazie ai papiri, ai dipinti delle tombe dei faraoni, ai testi incisi sulle stele e sugli obelischi. Un ricco patrimonio di cultura orale, in parte compromesso dai furti e dalla profanazione delle tombe che, inevitabilmente, hanno causato la perdita di preziose testimonianze storiche.
All’origine dei miti egizi, come di tutti quelli partoriti dalle antiche civiltà, c’è il desiderio di narrare storie, il piacere del racconto, ma anche il bisogno primordiale di trovare una giustificazione per eventi, come la nascita del mondo e delle creature viventi, altrimenti inspiegabili.
C’è soprattutto una continua contrapposizione tra uomo e natura e tra la sfera umana e quella divina. Agli dèi tutto è concesso e il loro potere è assoluto e incontestabile; il loro compito è quello di mantenere l’ordine e la giustizia tra gli uomini, di premiare quelli buoni con la vita ultraterrena, di garantire il progresso e la prosperità della civiltà egizia. Fu proprio Thot, lo scriba divino, per esempio, a:
“regalare agli uomini i geroglifici e con essi tutta la scienza racchiusa nella scrittura, la matematica e la medicina”.
Ma guai a provocarli e contrariarli, la collera può spingerli a compiere gesti mostruosi e dagli effetti devastanti. Come accadde alla ricca nobildonna che si rifiutò di accogliere Iside e suo figlio Horus nella sua casa. Alla dèa questa scortesia non piacque affatto: come aveva osato una povera mortale muoverle un simile affronto? In tutta risposta ordinò ad uno dei sette scorpioni che la scortavano di assorbire il veleno di tutti gli altri, strisciare sotto la porta di quella donna “sgarbata ed egoista” e mordere il suo bambino, sino a ridurlo in fin di vita. Ma Iside era pur sempre una madre, capace in quanto tale di tenerezza e compassione. Le grida disperate della donna non riuscirono a lasciarla indifferente; sicché intervenne prontamente, recitò le formule magiche e restituì la salute a quel povero ed innocente fanciullo.
Iside è senza dubbio una delle figure femminili più affascinanti della mitologia egizia; determinazione, ambizione, sete di vendetta ma anche capacità d’amore e di perdono ne fanno una donna dai mille volti, non molto dissimile dalle altrettanto volubili e intemperanti divinità greche.
Accanto ai più noti miti egizi, di cui protagonisti sono le divinità, nel libro vi sono anche racconti che hanno per protagonisti i faraoni e altri membri delle dinastie reali. Ed è interessante notare come in essi confluiscano quei cliché narrativi che ritroviamo nella mitologia greca o nella tradizione fiabesca più tarda. Le 200 ceste in cui Gieheuty, uomo al servizio del faraone, fa rinchiudere i suoi soldati affinché possano, non visti, penetrare entro le mura della città nemica e assediarla, richiamano alla mente un’altra ben nota storia di guerra e di astuzia: quella del cavallo di Troia.
Così come, nella storia del principe predestinato (sullo stesso tema vedi il libro: Il principe d’Egitto, Lapis Editore), la predizione delle sette Hathor alla nascita del bambino anticipa uno dei tópoi ricorrenti nelle fiabe moderne: la maledizione o l’incantesimo della fata o strega cattiva che getta un’ombra di morte sulla vita luminosa di principi e principesse, salvo poi essere scongiurata dall’irrompere di forze positive e riparatrici nel finale.
Contorte e avvincenti, straordinarie e atroci. Le storie raccolte nel libro – e riproposte in una prosa piana e scorrevole da Sofia Gallo – celebrano la ricchezza multiforme e il fascino intramontabile del mondo egizio e offrono un’insolita quanto interessante chiave di lettura per approcciarsi, sin da piccoli, alla conoscenza di questo popolo. Ad impreziosire il libro, vi sono le illustrazioni di Andrea Rivola, pulite nelle linee e vivaci nella scelta dei colori pastello, distribuite con parsimonia nel corso delle pagine, quasi a non voler disturbare il fluire incalzante della narrazione.
Se ai vostri bambini piacciono i miti, le storie di re, principi e cavalieri, non perdetevi, oltre a questo, tutti gli altri libri della collana “I classici” de La Nuova Frontiera junior; uno scrigno unico di racconti d’altri tempi per allargare oltre ogni limite i confini dell’immaginazione e moltiplicare all’infinito il piacere di leggere ed ascoltare storie.
Miti e storie dell'antico Egitto
Cosa c'è di più affascinante e misterioso dell'antica civiltà egizia? Sofia Gallo ne ripercorre il vasto bagaglio mitologico, dai miti della creazione che cercavano di spiegare l'origine del cosmo alle storie di Osiride e Iside per stabilire la successione dei faraoni al trono, a leggende fantastiche tramandate per millenni. Età di lettura: da 7 anni.
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Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
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