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Ma tu lo sai che cosa è un fritillus?

Eccoli, bellissimi come sempre, con le guance rosse e gli occhi curiosi, tutti intorno al tavolo su cui ho sistemato un po’ di reperti dello scavo.

E’ una bella giornata di settembre a Vignale, fa ancora caldo e, come spesso accade, anche oggi siamo stati “pacificamente invasi” da un piccolo esercito cinguettante di magliette e zaini colorati.
Sono venuti a piedi dalla loro scuola, facendo una lunga passeggiata e tempestando la loro maestra di domande; adesso però il loro bersaglio sono io.

“Che cosa avete trovato?”

“Ma è vero che ci sono anche le tombe con gli scheletri?”

“Come fate a sapere che una cosa è vecchia duemila anni?”

“Ma le ossa dei dinosauri qui da noi non ci sono?”

“Lo sai che il mio nonno quando era giovane…”

“Quando ci fate scavare anche noi?”

Mentre tento di rispondere, li osservo e vedo che mentre parlano hanno in realtà cominciato ad osservare gli oggetti che ho disposto sul tavolo. Basterà aspettare ancora qualche secondo e poi la loro curiosità prenderà il sopravvento. Infatti…

“Ma queste sono tutte cose che avete trovato qui nello scavo?”

“E quello che cos’è?”

“Guarda questo!”

“Ma sono monete?”

“Davvero? Ma sono verdi! E non ci si legge niente!”

“Si può toccare?”

“ Però sono tutti rotti…”

Lascio che prendano confidenza con degli oggetti che devono sembrare loro piovuti da un altro pianeta. Glieli faccio toccare; le forme e le superfici non sono quelle a cui sono abituati.
All’inizio li tengono in mano come gioielli preziosi, poi ci prendono confidenza e man mano che scopriamo insieme che cosa sono, cercano di usarli come li avrebbero usati nell’antichità; ecco che prendono il frammento di un’anfora dall’ansa e fingono di versare il vino; un bambino fa saltellare sul palmo della mano due monete che tintinnano, una bimba guarda incantata lo stilo in osso e mi dice “E’ come la pennina del Nintendo!”.

“E questo che cos’è?” chiedo loro alzando il mio fritillus in alto perché tutti lo possano vedere bene.

 

“Un vasetto!”

“Una trottola!”

Rimango in silenzio…

“Diccelo dai!!”.

“Calma, non ci vuole fretta. Anche gli archeologi prima di dire di che cosa si tratta, devono analizzare un oggetto e rifletterci su. Vediamo se siete dei bravi archeologi… Come facciamo a capire che cos’è?”

“Si guarda come è fatto”

“E come è fatto?”


“Di coccio!”

“Allora è un vaso!”

“Perché di ceramica facevano solo i vasi?”

“No! Anche… le lucerne!”

“E anche altre cose…”

“Aiutaci a indovinare, dicci a che cosa serviva!”

“A me sembra sempre una trottola… quelle vecchie col filo, il mio babbo ne ha una sulla libreria”.

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“Sì… ora i Romani avevano già inventato le trottole!”

Spalancano la bocca mentre gli racconto che sì, i Romani conoscevano già le trottole e le conoscevano addirittura gli Egiziani!

“Allora c’erano dei bambini qui!”

“Quello di certo: se c’erano dei grandi perché non dovevano esserci anche dei bambini? Il proprietario della stazione di posta avrà avuto dei figli e anche i suoi schiavi”

“Ma i bambini degli schiavi erano schiavi anche loro?”

Corrono veloci i pensieri dei bambini…

“Ma le trottole non sono di legno?” dice un bambino con lo sguardo pensoso.

“Questo è un buon argomento per dire che… forse non è una trottola”.

 

“Dentro è vuota, quindi si sarebbe rotta subito”.

“E’ fatta al tornio come i vasi, ci sono anche le ‘righine’ del tornio… “

“Ma non può essere un vasetto, magari per un profumo?”

“E come faceva a stare in piedi con questa punta?”

Sguardi un po’ persi, ma incuriositi.

 

“Posso dirvi come i Romani chiamavano questo oggetto, in latino ovviamente… Fritillus!”

“E che vuol dire?”

“Boh! Io non lo so il latino!”

Si girano a cercare con gli occhi la maestra, forse lei potrebbe saperlo…

“Vi faccio vedere come si usava” dico agitando il fritillus con una mano.

“Uno strumento musicale!! Dentro c’erano dei chicchi di qualcosa che facevano rumore!”

“Lo sai che non ci avevo pensato? E’ una bella idea la tua… però no, non è uno strumento musicale.”

“ Ma è difficile” comincia a dire qualcuno scoraggiato.

“Ma voi come fate a capire che cosa è un oggetto?”

“Facciamo delle ipotesi, proprio come quelle che state facendo voi; poi a volte sono sbagliate e dobbiamo ricominciare da capo.

E poi vi svelo uno dei grandi segreti dell’archeologo: per capire bisogna studiare!”

“Studiare cosa?”

“Voi come fate quando la maestra vi assegna una ricerca su qualcosa che non conoscete?”

“Io cerco su internet!”

“Oppure si cercano dei libri che parlano di quella cosa.”

“Gli archeologi fanno lo stesso: ad esempio in questo caso, il merito di avere capito che questo era proprio un fritillus lo dobbiamo a Stefano, che ha trovato su un libro che parlava degli scavi di Ostia, vicino a Roma, un oggetto molto simile. A Ostia però gli archeologi sono stati più fortunati e lo hanno trovato uno intero; se gli oggetti sono interi è più facile capirne la funzione no?”

“E come era quando era tutto intero?”

“Più o meno così” dico tracciando con il dito il profilo immaginario del fondo mancante del fritillus.

Fritillus da Collezione Bruschi (Fonte: fondazionebruschi.it)

I bambini si lanciano in altre ipotesi, ma sono ancora fuori strada…

“Serviva a giocare” dico loro per riportarli sulla buona strada.

Ancora facce a punto interrogativo.

“Vi aiuto un po’: Stefano ha letto su quel libro che in una tomba scavata vicino a Perugia questi oggetti sono stati trovati insieme a dei dadi…”

“Serviva per tirare i dadi???”

“Esatto! Il fritillus è una specie di bossolo in cui si infilano i dadi, si agita, poi si rovescia sul tavolo e si alza per vedere il risultato del tiro dei dadi.

“Forte!”

“Fammi provare!!”

“Ma i dadi non li avete trovati?”

“No, purtroppo. Essendo molto piccoli probabilmente sono andati perduti o forse qualcuno se li è portati via… erano di solito di osso e a volte anche truccati!! I Romani erano grandi giocatori di dadi e, proprio come oggi, baravano per vincere, perché spesso scommettevano del denaro.”

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Dadi da gioco in osso “truccati” da Pompei (Fonte: pompei.numismaticadellostato.it)

“E dove ci giocavano?”

“Come le carte al bar?”

“Qualcosa di simile… provate a pensare che cosa ci fa un fritillus proprio qui a Vignale.”

“Lo ha perso qualcuno della stazione di posta.”

“Se un viaggiatore si fermava nella stazione di posta poteva giocare a dadi con qualcuno.”

“E sapete che cosa abbiamo trovato insieme al fritillus? Una lucerna, rotta anche lei…”

“La luce non c’era e la sera giocavano a dadi a lume di candela”

La fantasia è già partita, stanno già inventando una storia con un brigante che si ferma a Vignale in una notte di tempesta perché non può proseguire…

Il fritillus ha funzionato: li ha catturati, ha destato la loro curiosità, gli ha fatto capire che non sempre è semplice identificare un reperto, soprattutto se frammentario.

Attraverso questo piccolo oggetto hanno fatto un viaggio nel tempo e si sono ritrovati nella penombra di una locanda lungo la Via Aurelia di duemila anni fa…

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Pompei, Osteria della Via di Mercurio (Fonte: wikipedia.org)

Dalla cucina aperta arriva l’odore di una buona zuppa, mentre il fuoco scoppietta sotto uno spiedo.
Alcuni bambini sono in fondo alla stanza e giocano con una trottola; di tanto in tanto alzano lo sguardo su due uomini seduti a un tavolo che aspettano di cenare. Uno ha una sacca di tela appoggiata ai piedi, probabilmente il suo bagaglio, l’altro tira i dadi invocando la fortuna; se vince, il suo compagno pagherà tutto il vino che riuscirà a bere.
E lui sì che ne ha di sete…!

Rimarrebbero lì a vedere come va a finire, ma è ora di tornare nel presente e incamminarsi verso casa, con gli occhi pieni di un mondo a cui sentono di appartenere.

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