La meraviglia che nei primi anni di vita accompagna ogni più piccola scoperta di un bambino di fronte a qualsiasi fenomeno della realtà che lo circonda è assai simile alla sensazione di stupore ed esuberanza di uno scienziato di fronte alla natura, allo spazio, agli oggetti e alle risposte che essi producono nei confronti delle sollecitazioni fornite.
Le stelle che brillano nel cielo buio, il sole che scompare all’orizzonte nel mare, le onde che si infrangono sulla battigia, le lancette dell’orologio che si muovono sul quadrante scandendo le ore. Ogni cosa, dalla più grande alla più piccola, suscita nei bambini un senso di autentica incredulità, accompagnato dal desiderio altrettanto genuino di capire il funzionamento delle cose attraverso la sperimentazione.
La scienza, dunque, è parte integrante della nostra vita sin dalla più tenera infanzia, molto prima di ritrovarla poi trasformata in numeri e formule da mandare a memoria su un libro di scuola. Ed è assai spesso in questo passaggio da un approccio naturale e spontaneo con la scientificità del mondo ad una forzata, stereotipata e assai poco creativa acquisizione di contenuti che si perde il gusto per la materia.
Come fare, allora, per appassionare i bambini e le bambine alla scienza e accendere la loro curiosità di fronte ai meccanismi segreti che regolano il funzionamento delle cose? Per prima cosa occorre saper divulgare, che non vuol dire soltanto – come afferma la scrittrice e divulgatrice Vichi de Marchi – “semplificare, ordinare, rendere chiaro ciò che può apparire oscuro”, ma implica soprattutto la capacità di raccontare.
E lo strumento migliore per rendere piacevole e appassionante il racconto è senza dubbio il libro, a maggior ragione se ideato e realizzato con cura e attenzione al dettaglio e alla qualità di ogni singola componente.
Per i bambini e le bambine che amano la scienza, in tutte le sue innumerevoli declinazioni, e a cui piace cimentarsi in giochi ed esperimenti scientifici c’è un libro di divulgazione di grande valore, pensato come una sorta di abbecedario per chi muove i primi passi in questa materia e magari vuole testare le proprie attitudini e preferenze. Si tratta del libro Apprendisti scienziati. Sperimenta, prova, scopri! di Steve Martin, con le illustrazioni di Essi Kimpimäki, pubblicato dalla casa editrice, leader nell’ambito della divulgazione scientifica per ragazzi, Editoriale Scienza.
Il libro è pensato come un quaderno operativo personalizzabile dove, per ciascuna disciplina scientifica, sono proposti giochi, esperimenti e quiz per verificare la corretta comprensione delle nozioni teoriche.
Gli scienziati non sono tutti uguali, nella misura in cui si specializzano e operano in ambiti scientifici differenti. Tutti però devono essere in grado di porre domande e risolvere enigmi, eseguire esperimenti, raccogliere e registrare dati, osservare con estrema attenzione. Ma soprattutto, per diventare scienziato occorre avere un’abbondante dose di curiosità, buona memoria e grande disponibilità a lavorare in gruppo e dunque condividere con gli altri i risultati del proprio lavoro ed eventualmente correggerli o migliorarli grazie all’apporto della ricerca altrui, senza per questo sentirsi sminuiti nel proprio valore.
Per aiutare meglio il lettore ad orientarsi nel mare magnum scientifico, le scienze sono suddivise in raggruppamenti a seconda delle specificità di ciascuna: scienze di laboratorio (chimica, biologia, fisica); scienze investigative (scienza forense, archeologia, paleontologia, scienza alimentare); scienze dello spazio (astronomia); scienze della terra (geografia, geologia, meteorologia, scienza ambientale, oceanografia) e scienze della vita (biologia marina, zoologia, scienza dello sport).
Il percorso di apprendistato scientifico procede, di pagina in pagina, attraverso schede da leggere, curiosità da apprendere, test da superare, esperimenti da provare. Ad ogni tappa superata, il bambino deve applicare il coretto adesivo – scegliendoli tra quelli a fine libro – per indicare l’obiettivo raggiunto. E alla fine di ciascuna delle sezioni in cui il libro è articolato, corrispondenti ai raggruppamenti scientifici, c’è un diploma di fine corso che suggella simbolicamente il raggiungimento di tutti gli obiettivi.
Sono di parte, ma la cosa che più mi ha entusiasmato di questo libro strepitoso è il fatto di aver ritrovato tra le scienze investigative anche l’archeologia. Può sembrare scontato ma non lo è affatto. La comunicazione mediatica e talvolta anche editoriale legata al mestiere dell’archeologo il più delle volte predilige la componente emotiva e romantica che pur accompagna ogni ritrovamento, come se per diventare archeologo bastassero solo passione e spirito di avventura e non invece competenze e abilità che si acquisiscono solo dopo anni di studio e di pratica sul campo.
L’archeologo è uno scienziato investigativo a tutti gli effetti, perché per ricostruire le dinamiche di vita e poi di abbandono di un insediamento, dal più piccolo e modesto al più grande e monumentale, deve saper riconoscere nel terreno tutte le tracce possibili, visibili e non, e valutarle come indizi utili alla definizione complessiva dell’identikit di un sito. Uno dei tanti strumenti adoperati dagli archeologi per localizzare i reperti sepolti sotto terra è appunto il georadar – di cui si parla nel libro -, uno strumento in grado di inviare onde elettromagnetiche nel sottosuolo e captare le onde di ritorno. Per capirne il funzionamento, si può provare a realizzare uno strumento musicale artigianale e verificare come agisce con le onde sonore, adoperando una semplice scatola di fazzoletti vuota e degli elastici.
Tra le scienze investigative c’è anche la paleontologia: per studiare i fossili, occorre infatti conoscerne il processo di formazione che è strettamente connesso al comportamento dei minerali rocciosi nel corso dei millenni.
Il libro è impreziosito da un modellino di meridiana da costruire con il materiale staccabile presente nelle bandelle, da un poster con la tavola periodica e le principali scoperte scientifiche del XX secolo e dalle carte per giocare al “memory dello scienziato”.
Quella che questo libro suggerisce al lettore è una scienza attiva, che si propone di incuriosire prima ancora che di insegnare, che sollecita nel bambino l’emisfero destro e quello sinistro, il razionale e l’emozionale, e che invita a sperimentare quanto letto attraverso il gioco. Alcuni degli esperimenti proposti, come la costruzione di un modellino di eclissi solare o la fabbricazione di una banderuola segnavento o di un sismografo, sono innanzitutto straordinarie occasioni per imparare ad osservare il mondo con occhio critico e comprendere quanto la vita quotidiana, nei suoi più banali meccanismi naturali e domestici, sia intrisa di scientificità.
Un buon libro di divulgazione, come questo appunto, ancor prima che propinare nozioni e sollecitare eventuali interessi che possano poi un giorno tradursi in scelte professionali, deve allenare il bambino al ragionamento logico, educare lo sguardo e stimolare la capacità di osservazione, invitare a scoprire cosa si nasconde dietro l’apparenza delle cose e a non accontentarsi della spiegazione più semplice e banale.
Deve soprattutto nutrire la capacità di meravigliarsi che i bambini hanno, offrendole suggerimenti e spunti per indagare, con spirito scientifico, la straordinaria bellezza della vita sulla terra.
Apprendisti scienziati. Sperimenta, prova, scopri!
Ti piace fare esperimenti, costruire congegni e scoprire nuove cose? Se ami fare tutto questo, il Corso per Scienziati è quello che fa per te: oltre a conoscere la vita e le scoperte di famosi scienziati, scoprirai come misurare i battiti del tuo cuore, calcolare la tua età su Marte, creare una reazione chimica, analizzare una scena del crimine e molto altro ancora. Ricco di giochi, quiz e attività divertenti, questo libro traboccante di è il manuale perfetto per biologi in erba, chimici curiosi e amanti della fisica. Cosa aspetti? Prendi occhialini protettivi, indossa il camice da laboratorio e inizia a indagare!
Età di lettura: da 8 anni.
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Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
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