Il mondo degli adulti suscita da sempre stupore, diffidenza e curiosità nei bambini, a prescindere dall’epoca storica in cui essi abbiano vissuto; questo è esattamente quello che accade, nel racconto di fantasia che segue, a Tarx, bimbo etrusco di 8 anni, che vive, dal suo personalissimo punto di vista, l’evento sociale che sta per iniziare a casa sua: il banchetto.
Capita a tutti di trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato. A me, a dire la verità, più del solito. Sono proprio sfortunato amici miei, a volte mi stupisco dell’assurdità delle situazioni in cui mi trovo.
Vi faccio un esempio per farvi capire cosa intendo. Domanda: come fa uno a capire se i mattoni preparati con l’argilla si sono induriti prima della cottura? Ma non è ovvio che ci debba infilare un dito per sentirne la consistenza, non vi sembra ragionevole?! Voglio dire, cosa ci posso fare io se l’oggetto del mio test era stato messo ad asciugare solo un’ora prima? Mica avevo visto gli artigiani del nonno lavorare. Stavo giusto passando da quelle parti proprio nel momento in cui avevano finito di sistemare i mattoni ad asciugare. Tutto lì. Ero nel luogo sbagliato al momento sbagliato…
Insomma la mia vita è piena di momenti di questo tipo.
Mi chiamo Tarx, vivo vicino a Vulci, ho 8 anni e questa è la storia della più grande ingiustizia che io abbia mai subito.
Era una calda mattina di settembre, io avevo appena finito di mangiare un fico dolcissimo e stavo giocando davanti casa. Ero lì, bello tranquillo a farmi gli affari miei, non mi disturbava neanche la confusione e il chiacchiericcio delle serve di mamma che andavano avanti e indietro senza sosta da ore ormai, e incredibilmente non ero stato colto da quella sete di conoscenza che mi prende di tanto in tanto (come quella volta dei mattoni…), eppure la vita mi stava per mettere alla prova, di nuovo.
Non sapevo cosa stesse succedendo esattamente (per forza, nessuno mi dice mai niente in questa casa!), ma avevo intuito che stava per accadere qualcosa. Tutto quel via vai di persone e tutta quell’eccitazione nell’aria non era normale, già… beh, poco male, niente e nessuno mi avrebbe distolto dai miei giochi, ero carichissimo, ero arrivato al punto in cui il mostro dei boschi attacca i contadini. Tutto procedeva per il meglio, il mostro aveva già fatto fuori metà della popolazione e il piccolo contadino stava per rivelare a tutti il suo valore. Quando, accidentaccio, quello là, sì insomma quel tizio che aiuta le serve di mamma quando bisogna spostare gli oggetti pesanti di cui non mi ricordo il nome, mi urta con la sua ingombrante stazza (deve fare qualcosa per tutti quei muscoli ve lo dico io, un essere umano non può essere così grosso…); risultato? Io cado in avanti distruggendo l’altra metà degli omini di fango rubando il mestiere al mostro dei boschi e a lui scivola un vaso dalla cesta che stava trasportando.
Allora, lo vedete che non sono io che vado in cerca di guai ma sono i guai a cercare me?!
Arrabbiatissimo lancio un’occhiataccia delle mie al tizio che pensa bene di far finta di niente e entra in casa come nulla fosse, una volta messo l’energumeno al suo posto mi concentro sull’oggetto che il maldestro ha fatto cadere senza rendersene conto. Lo raccolgo e lo esamino. Capisco subito di cosa si tratta, è una bellissima kylix, una coppa che gli adulti usano per bere il vino. Non posso rimanere davanti casa, il mio studio ha bisogno di calma e tranquillità, per questo mi vado a sedere all’ombra dell’albero di fico che poco prima mi aveva procurato una dolce colazione.
La kylix alla luce del sole è ancora più bella, è scintillante e le figure rosse disegnate al suo interno sono così dettagliate che starei ore a guardarle, a volte sembra quasi che si muovano. Il nonno mi ha spiegato che quelli dipinti sui vasi non sono uomini comuni, ma dei e eroi e stanno lì per raccontarci una storia o un’avventura.
Mentre sono lì che faccio girare la kylix tenendola stretta dai suoi due manici orizzontali, mi blocco, un pensiero limpido e cristallino mi si stampa nella testa, tutto mi è chiaro, capisco l’agitazione e il via via di gente: oggi a casa mia si terrà un banchetto! Non la solita e semplice cena, ma un vero evento con tanti ospiti, musica, canti, danze, vino, carne e celebrazioni. Mamma mia che scoperta!
Mi complimento decisamente con me stesso, non ho bisogno che gli adulti mi spieghino le cose, ci arrivo da me. Questo però significa che mi toccherà stare chiuso in camera mia tutto il tempo, figuriamoci se mi fanno partecipare, eh no è roba da adulti quella. Uffa! E mi sento ancora più irritato dal fatto che quella smorfiosa di mia sorella, ora che è sposata, ci andrà eccome, già me la immagino distesa sulla klinē accanto al marito che mangia, beve e si dà tutte quelle arie. Che poi voglio dire, quanto mai si potrà stare comodi a mangiare semi sdraiati su quella specie di letto, va bene che il banchetto ha la sua ritualità e le sue regole, ma così si esagera, a me andrebbe tutto di traverso…
Non voglio poi pensare a quando verrà servito il vino, gli adulti sono proprio fissati con questa storia, si obbligano a bere quella robaccia dal sapore orribile che secondo me non piace neanche tanto a loro, perché infatti lo mescolerebbero con acqua e miele se fosse naturalmente buono? Secondo me c’è qualcosa di malvagio e magico dietro quel liquido, l’ho sempre pensato, io non mi fido di una cosa che senza che nessuno faccia niente si trasforma da solo da succo d’uva dolce e leggero a quella cosa densa e scura che fa cambiare l’umore e il carattere alle persone.
Una volta ho chiesto al nonno come fosse possibile questa trasformazione, e lui mi ha dato una risposta per nulla soddisfacente: “Basta saper aspettare” mi ha detto. No no, non mi farò mai coinvolgere in questa storia, ne sono sicurissimo. Eppure agli adulti piace tanto e quando viene servito sembra sempre una grande occasione tanto che sentono il bisogno di usare tanti e diversi vasi e contenitori, quando in realtà ne basterebbe uno solo. Capisco il cratere, il grosso vaso panciuto che serve per mescolare quella roba con l’acqua e altre sostanze, passi anche l’oinochoe, la brocca che serve per portare il vino agli ospiti, effettivamente usare direttamente il cratere sarebbe impossibile, troppo grosso e pesante, ma dico io che bisogno c’è di usare tutte quelle coppe e coppette? Non ci semplificheremmo la vita adoperando un semplice contenitore? E invece no, ecco che si deve sfoggiare una batteria di kylix, skyphos e kantharos, con il rischio poi di perderne uno in giro…
Ah già, mi sono perso tra i miei pensieri ma vi stavo raccontando la mia storia e la grande ingiustizia subita.
Dunque eravamo rimasti a me che osservo la kylix sotto l’albero di fico, ecco dopo averla guardata per bene non mi restava che provarla per completare la mia analisi; ora, come vi ho già spiegato io non toccherò mai il vino quindi quella parte l’avrei saltata senza pensarci due volte. Cosa potevo mai farci allora con una coppa nata apposta per bere quel liquido scuro? Beh c’era un’unica risposta possibile: l’avrei usata per il kottabos.
Il kottabos è un gioco che viene svolto durante il banchetto nella parte in cui si consuma il vino, è stato il nonno a spiegarmelo, a quanto pare era bravissimo da ragazzo, in pratica si deve colpire un bersaglio che di solito è un’asta con un piattello in bilico con il vino rimasto nelle coppe (lo dico io che quella roba non piace agli adulti, la buttano pure…) . Per poter lanciare il vino, la kylix deve essere presa in un certo modo, l’indice deve passare dentro uno dei manici e deve far roteare la coppa.
E questo è esattamente quello che ho fatto anche io: ho poggiato su uno dei rami più bassi dell’albero un sasso, ho riempito la kylix con l’acqua e mi sono preparato al lancio.
Tutti gli occhi erano puntati su di me, ero al massimo della concentrazione, avevo calcolato la traiettoria e calibrato la potenza della rotazione del polso. Mi metto in posizione, trattengo il respiro e lancio. Dalla mia mano parte il getto d’acqua, ma con lui anche la kylix che scappa birichina dalle mie dita e vola a terra terminando la sua caduta con un sonoro “crack”. Silenzio.
Ecco lo sapevo, il luogo sbagliato nel momento sbagliato. Se non mi fossi messo a giocare davanti casa proprio nel momento in cui quel tizio ha fatto cadere la kylix tutto questo non sarebbe mai successo. Con che cuore si può affermare che sia stata colpa mia, eh?! Poi non potevo certo immaginare che la kylix che si è rotta era la preferita dal nonno e che, a quanto pare, aveva ereditato dallo zio del nonno del padre di un suo vecchio amico che proveniva da un terra lontana lontana al di là del mare che i grandi chiamano Grecia.
Ma si può essere più sfortunati di così?
Ora per colpa di questa situazione in cui mi sono trovato per caso e che mai, mai avrei creato di mia iniziativa, non solo sono tutti arrabbiati con me, ma mi tocca scontare pure un’atroce punizione: in camera mia, da solo, senza fare niente (non riesco neanche a sentire la musica del banchetto) e soprattutto senza il dolce che la mamma mi aveva promesso.
Grrr, ragazzi, che orribile ingiustizia!
Io e l’archeologia non ci siamo amate fin da subito. Quando da bambina incontrai un’archeologa, capii che passare ore sotto al sole piegati, sporchi di terra e sudati non poteva fare per me. Ma come nelle migliori storie, gli amori più grandi nascono da scontri all’apparenza definitivi.
Da circa sette anni mi occupo di didattica, mi diverte molto cercare i linguaggi adatti e creare le esperienze giuste per coinvolgere i bambini anche i più scettici come lo era la sottoscritta tanto tempo fa.
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