Roma, I secolo a.C. È una tiepida mattina di primavera e per le strade soleggiate della città risuona un vociare di persone indaffarate: schiavi, forestieri, artigiani al lavoro, soldati che incedono fieri nella loro armatura, facendo riecheggiare sul selciato i calzari di cuoio.
All’improvviso si ode un ruggito provenire da carri che avanzano lenti lungo il fiume; sopra di essi, rinchiusi in gabbie di legno, vi sono pantere e leoni, giunti a Roma dalla lontana Africa e destinati alle lotte nelle arene.
Mentre la vita scorre placida in quella che è già la più grande città del mondo, nel Campo Marzio alcuni bambini si esercitano negli esercizi di ginnastica e, in disparte, quattro ragazzini giocano alla lotta. Uno di essi, coroncina d’alloro sulla fronte e mantello rosso, ha in mano un gladio, una spada di legno. Che sia lui a dettare le regole del gioco e a fare da leader al gruppo, lo si intuisce subito:
… io sono Alessandro Magno, imperatore del mondo. Quindi do gli ordini. Mi serve un generale, e lo fa Tito. E Polifemo, che è un gigante, dovete per forza mettervi in due a farlo. È così chiaro.
Ma chi è questo ragazzino che ostenta così tanta sicurezza e confonde tutti con la sua parlantina? Gaio Giulio Cesare, sì proprio lui, il futuro grande condottiero di Roma.
Giusto Traina, docente di storia romana alla Sorbona e autore del libro Il piccolo Cesare (Laterza Editore, pp. 62, euro 18), sceglie di raccontare una delle pagine più famose e gloriose della storia di Roma antica da una prospettiva insolita: non quella dei comandanti vittoriosi che collezionano una vittoria dopo l’altra e accrescono il loro potere politico, né tantomeno quella dei popoli vinti e sottomessi. Ma Traina sposta la sua attenzione e focalizza il suo racconto su Cesare bambino, un ragazzetto di 7 anni che ha già sentore di quello che sarà il suo destino e che ha già incontrato quello che un giorno sarà il suo rivale: Gneo Pompeo.
Se le sue giornate scorrono quiete tra lo studio con un precettore, come ha voluto suo padre, e i giochi di guerra, le notti del piccolo Cesare sono agitate e popolate da strani sogni. In essi rivede se stesso, un po’ in là con gli anni e con pochi capelli, al comando delle legioni romane, in lotta contro i pirati della Cilicia, nel tempio di Ercole ai confini del mondo allora conosciuto, al cospetto di indovini che gli profetizzano il suo futuro di grandezza. E poi ancora, oltre le Alpi, impegnato in imprese contro i Veneti, i Belgi, i Germani, i Galli, nello scontro con Vercingetorige, oltre il Rubicone, con la testa mozzata di Pompeo tra le mani. “…. Che voli fanno fare i sogni, uguali a quelli che fanno fare le storie!”. Quanta agitazione e terrore infondono nell’animo del piccolo Cesare queste immagini che si mescolano nella sua mente addormentata e quanto sangue scorre nei paesaggi che vi fanno da sfondo. Eppure il piccolo Cesare, pure impressionato da siffatte visioni, non rinuncia al suo coraggio. Nel mondo reale c’è una ragazzina in pericolo in un antro buio, lo stesso da cui proviene il ruggito: lui l’ha vista, anche se Pompeo non gli crede, e deve salvarla a tutti i costi. Cesare bambino teme il suo destino, ha paura di cosa possa riservargli il futuro, ma dentro di sé sa che non può sottrarvisi né evitarlo.
“Quello che vuoi diventare davvero, spetta a te deciderlo” gli dice il padre, “Ma attento a quello che desideri, figlio mio. Perché alle volte gli Dèi fanno il peggiore degli scherzi: ti esaudiscono…”.
Il pregio di questo libro ˗ il primo della nuova collana Laterza, Celacanto (pesce antichissimo e misterioso), dedicata ai ragazzi ˗ non sta solo nella capacità non comune dell’autore di rendere la Storia, quella con la ‘S’ maiuscola, a misura di bambino, adatta alla sua immaginazione e al suo pensiero, ma anche nella forza narrativa delle illustrazioni, curate da Mariachiara Di Giorgio, e che meglio si apprezzano nel grande formato, che tanto ricorda i libri di favole. Disegni acquerellati vivaci e dai colori decisi, in una gamma di tonalità che passa dalle tinte pastello delle prime pagine ai blu e rossi intensi delle ultime, quando più irrequieti diventano i sogni di Cesare.
Un libro da leggere e rileggere. Un libro per far apprezzare ai bambini la bellezza della storia antica.
Il piccolo Cesare
Circa novant'anni prima della nascita di Gesù, è questo il tempo della nostra storia. Gaio Giulio Cesare è un bambino di sette anni, vive a Roma, la più grande città del mondo. Lo aspetta un futuro di gloria, conquisterà terre lontane, sarà venerato dai suoi uomini, sarà pretore, console, imperatore, vincerà il vincibile, arriverà ai confini della terra. Ma intanto è un ragazzino come tutti gli altri, è ancora piccolo per fare la guerra ma abbastanza grande per guidare una banda di compagni. Il coraggio non gli manca. Anche se si tratta di affrontare un leone che si aggira libero per la città e il suo ruggito fa tremare. Come potrebbe avere paura? Lo aspettano un destino di battaglie, le legioni romane, le grida dei pirati, la resa dei nemici, il mantello del condottiero, il freddo della Germania e il caldo dell'Egitto. Età di lettura: da 6 anni.
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Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
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