La storia di oggi si svolge e prende spunto da un fatto avvenuto in Sardegna ma potrebbe essere ambientata anche in altre regioni italiane con altri casi simili.
“Il sole d’inverno non scalda. Babbo lo sa. E tutte queste persone quando smetteranno di parlare? Fuori è freddo e se stiamo fermi è anche peggio! Non si può andare da un’altra parte?”
Giorgio mette le mani nelle tasche calde e rimane imbacuccato nel suo cappotto a pensare che, secondo i suoi piani, avrebbe voluto giocare tutto il pomeriggio. Invece il babbo, Nicola, poco prima aveva messo fine ai suoi sogni di gloria. Era stato inflessibile, sarebbero usciti perché lui voleva sentire le ultime dai volontari al sito archeologico, e visto che a casa non c’era nessuno ovviamente devi venire anche tu Giorgio, almeno imparerai qualcosa anche.
In verità, Giorgio il sito di Mont’e Prama un po’ lo conosce: il babbo gli ha raccontato che, negli anni Settanta, quando era piccolo lì era stato ritrovato il famoso esercito delle statue dei Giganti. Anche a scuola gliene avevano parlato e aveva anche visitato il museo di Cabras, dove ce ne sono alcune esposte.
Durante le vacanze di Natale un’associazione locale aveva vigilato sul cantiere di scavo, riaperto dopo tanto tempo nel 2014, e ora gli adulti stavano facendo il punto della situazione. Giorgio non riesce a seguire molto il discorso finché una frase lo fa improvvisamente sobbalzare: “Sarebbe folle lasciare questo tesoro nelle mani degli archeologi, che hanno solo interesse a scavare e pubblicare per motivi di carriera”, così aveva appena detto la persona che aveva preso la parola. Gli altri applaudono. Giorgio ora è disorientato, oltre che infreddolito.
Il fuoco scoppietta dentro il camino di casa. Giorgio avvicina le mani alla fiamma e finalmente riesce a riscaldarsi un po’ dopo il freddo delle ore precedenti. Ma ha ancora un tarlo che vaga nella sua testa.
G: “Babbo, ma perché quelle persone ce l’hanno con gli archeologi? Non hanno studiato per scavare e raccontarci che cosa c’è dentro lo scavo? Chi dovrebbe mai farlo al posto loro? La maestra a scuola ci ha detto così.”
N: “Su Giorgio, è un discorso lungo da fare e io ho del lavoro in arretrato da sbrigare, la maestra comunque ha sempre ragione.”
Nicola si gira e sta per andare nell’altra stanza ma Giorgio con uno scatto lo supera e chiude la porta: “No babbo, non puoi andartene così. Scusa, ma anche quei signori lì che hanno fatto la guardia al sito per tutte le vacanze hanno compiuto una buona azione. Allora chi ha ragione?”
Nicola è braccato, è come se Giorgio avesse chiuso la porta a chiave; capisce che non può andarsene, così si arrende e si mette seduto sul divano con il figlio accanto.
N: “Giorgio, se ti dico che la questione è complicata, lo sai che non te lo dico a caso. Sai bene che le leggi le conosco molto bene…”
G: “Sì, lo so che sei avvocato, non cominciare come al solito a raccontare la tua storia per favore, l’ho sentita milioni di volte!”
N: “No, tranquillo tranquillo! Però hai capito da solo che tutte e due le parti in causa sembrano aver fatto una buona azione, e allora come facciamo a stabilire chi ha ragione?”
G: “Eh, non lo so, è proprio quello che voglio sapere!”
N: “In questi casi dobbiamo farci le domande giuste. Ad esempio, secondo te, a chi appartiene un sito archeologico? Agli archeologi? Ai volontari?”
G: “Mah… gli archeologi ci lavorano, i volontari che sono interessati li aiutano, però la storia che racconta il sito è anche la mia che ancora vado a scuola!”
N: “Esatto Giorgio! Secondo la legge tutto quello che si trova sotto terra è di proprietà dello Stato, per cui appartiene a tutti, agli archeologi, ai volontari e anche a te. Poi lo Stato ha il compito di decidere che cosa fare di un sito e non è detto che debba essere per forza scavato.”
G: “Ma come? Allora gli archeologi cosa fanno?”
N: “Gli archeologi possono studiare il passato anche senza scavare, ma non ti allontanare dal discorso principale. Al di là che venga scavato o meno, un sito archeologico va tutelato, cioè protetto e conservato. Cosa succede però se lo Stato non tutela o se prende decisioni che alla popolazione non piacciono?”
G: “Uhm, allora… se lo Stato non protegge perché ad esempio non vigila… ecco perché i volontari erano a Mont’e Prama durante le feste! Volevano proteggere il loro passato. Se lo Stato prende decisioni che non piacciono…”
N: “… i cittadini hanno il diritto di protestare. Il problema però andrebbe affrontato alla radice, che per me significa coinvolgere i cittadini di tutte le età, anche voi bambini, nel progetto di ricerca e quindi dialogare per trovare delle soluzioni che possano andar bene a tutti.”
G: “Come quando tu e mamma non siete d’accordo sulle cose, prima non vi parlate e poi ad un certo punto tutto torna come prima! Gli archeologi e i cittadini non si parlano?”
N: “Eh sì, Giorgio… ma guarda te che esempio che mi fai! Noi in qualche modo siamo costretti a dialogare, gli archeologi e i cittadini no. La legge non lo dice.”
G: “Allora la legge non dice tutto?!!”
N: “No, la legge non dice tutto, anzi la legge di solito arriva in ritardo. Pensa che l’archeologo è stato riconosciuto come professionista solo nel 2014, ma quanti decenni sono che gli archeologi scavano? Tornando al nostro discorso, gli archeologi dovrebbero sicuramente parlare e raccontare di più della loro ricerca alle persone che vivono nell’area dove lavorano.”
G: “Eh sì, io vorrei poter sempre entrare in uno scavo dove lavorano gli archeologi!”
N: “Anche io Giorgio. Però lo scavo è un cantiere, non è sempre possibile far entrare le persone in sicurezza, anche se sono convinto che si potrebbe fare di più. Ugualmente importante è che i cittadini non abbiano la pretesa di sostituirsi all’archeologo sullo scavo. L’archeologo è un lavoro come tanti altri, si studia all’università, non è che io mi posso inventare archeologo da un giorno all’altro, anche se sono un appassionato. Posso chiedere se hanno bisogno di una mano, ma sempre sotto la loro direzione.”
G: “Certo, io non saprei da dove partire per iniziare uno scavo! Allora babbo, se le cose sono andate così anche qui a Mont’e Prama, hanno ragione tutti e non ha ragione nessuno. Sia gli archeologi, che i volontari ma anche la legge non va bene.”
N: “Diciamo di sì, siamo ancora indietro su tutti i fronti. Anche se questo è solo quello che penso io; se fai la stessa domanda ad altre persone, ti risponderanno sicuramente in maniera diversa.”
G: “Mmm… però secondo me hai ragione tu. Ora mi si collega tutto e capisco anche perché eri curioso di andare lì ad ascoltare quello che dicevano.”
N: “Bravo Giorgio! Questa è la giusta mentalità… dai che ancora c’è un po’ di tempo per giocare prima di cena!”
C’era una volta un bambino di nome Francesco che, dopo aver trascorso infanzia e adolescenza visitando siti greci e romani nel Mediterraneo, sa che diventerà archeologo. Si iscrive all’università di Siena convinto di studiare le antichità classiche ma ben presto capisce non c’è cosa più bella di condividere e vivere l’archeologia e le sue storie con tutti, bambini compresi. E continua a farlo anche dopo aver terminato il suo dottorato in archeologia pubblica.
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