In soffitta ho ritrovato
vecchi giochi del passato.
Un cavallino verde e dorato
tutto di legno, di legno laccato,
una trottola di latta,
una bambola disfatta.
un piattino un po’ sbrecciato
e un baule dimenticato
che conteneva dei travestimenti.
Questi erano divertimenti
del nonno di papà
quando aveva la mia età.
Corinne Albaut, Vecchi giochi del passato
Se ciascuno di noi frugasse nella propria soffitta o in cantina o in qualche vecchio scatolone dimenticato in fondo al ripiano più in basso dell’armadio, di certo si imbatterebbe in un ritrovamento straordinario di tracce del proprio passato o di quello di genitori e nonni: fotografie, quaderni, vestiti, libri e poi giocattoli. Bambole, barbie, macchine, trottole, giochi da tavola, dadi.
Ogni famiglia ha la sua preziosa collezione di oggetti in disuso che custodisce gelosamente, perché dietro ognuna di quelle cose vecchie di anni e ormai inutilizzabili si cela un ricordo, un’emozione, un’esperienza, una perdita o una conquista, un passaggio da un’epoca ad un’altra.
Questa sensazione di piacevole riscoperta del passato e di riappropriazione della propria memoria si amplifica quando visitiamo un museo: qui è come se le nostre piccole storie s’intrecciassero con quelle ben più antiche di uomini, donne e bambini sconosciuti e la “materialità” di queste esistenze ci costringesse in qualche modo a mettere a confronto ciò che è vecchio e ciò che è nuovo, a ragionare consapevolmente su quanto ci siamo evoluti e su come molti dei nostri oggetti quotidiani abbiano perso quella componente affettiva che fino a pochi decenni fa ancora possedevano.
Basti pensare ai giocattoli per l’appunto: oggi i nostri bambini posseggono una tale varietà di oggetti ludici, spesso supertecnologici, con cui passare il proprio tempo, periodicamente soppiantati da altri ancora più desiderabili, che probabilmente, quando saranno adulti, non ne avranno conservato o non ne ricorderanno neppure uno.
Nel mondo antico, al contrario, i giocattoli e i giochi non erano soltanto diversivi alla vita scolastica e famigliare, ma avevano una forte valenza simbolica che ne sanciva il ruolo strategico nel passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Con riferimento alla civiltà degli Etruschi e in buona parte a quella dei Romani, una puntuale rassegna di questi giochi e giocattoli è proposta da Edy Giotti e Simona Montagnani nel libro In viaggio con Larth e Tanaquilla. Vita quotidiana di due bambini etruschi, illustrazioni di Andrea Pieri.
Rispettivamente studiosa di letteratura e linguaggi della cultura e archeologa, le due autrici hanno condotto negli ultimi anni un lavoro di ricerca che, partendo dallo studio delle fonti e poi dall’analisi degli oggetti conservati in diversi musei etruschi toscani, le ha portate a scrivere una storia in grado di far capire, ai bambini del ventunesimo secolo, come si svolgeva la vita di un bambino etrusco e che giochi aveva a disposizione per riempire il suo tempo libero.
Protagonisti sono due gemellini, Larth e Tanaquilla, venuti alla luce in un lontanissimo giorno di pioggia in una casa di Velhatri, una città etrusca oggi chiamata Volterra.
Le differenze tra maschi e femmine si evincono, già al momento della nascita, dai diversi doni che vengono offerti agli uni e alle altre: una bulla, cioè un ciondolo con all’interno delle erbe che proteggono dalla sfortuna per lui, una spilletta d’oro da appuntare sulle fasce per lei.
Crescendo, queste differenze sembrano a volte ridursi fino a scomparire, altre volte aumentano fino a segnare il divario che renderà la vita di un ragazzo completamente diversa da quella di una ragazza.
Giocano entrambi all’aperto con le noci o con le trottole e ambedue ricevono direttamente a casa l’istruzione da parte di un maestro a loro completa disposizione; mentre però a Larth spettano compiti che più si addicono ad un maschio, come ad esempio pulire con cura i ripiani dell’orcio usato per l’allevamento dei ghiri (roditori di cui gli Etruschi e poi i Romani si cibavano), Tanaquilla invece impara a tessere dalla madre e ama giocare ad imitare le donne di casa.
I giochi, di qualsiasi tipo essi siano, vengono completamente abbandonati in età adolescenziale. A quel punto Tanquilla, futura giovane sposa, offre la sua bambola amata al tempio di Venere e Larth dona invece la sua bulla ai Lari, le divinità del focolare domestico.
Il passaggio all’età adulta è a quel punto compiuto ed entrambi sono pronti ad affrontare il loro futuro, l’uno di politico o soldato e padre di famiglia, l’altra di moglie e madre.
Arricchito da un glossario a piè di pagina, dalla mappa dei musei etruschi in cui è possibile trovare gli oggetti citati e da schede di approfondimento e bibliografiche alla fine, questo libricino è un valido strumento per accostare i bambini alla conoscenza della storia partendo da quelle situazioni in cui sono più facilmente portati a riconoscersi: l’infanzia e il mondo dei giochi per l’appunto.
Come si legge nell’introduzione del pedagogista ludico Antonio Di Pietro:
Avere occasioni per conoscere la storia dal punto di vista dei bambini etruschi è una preziosa occasione per comprendere una civiltà antica e misteriosa. Riconoscere somiglianze e differenze, provare a costruirsi i giochi del tempo e attingere ai reperti archeologici, permette approfondimenti, rimandi e ragionamenti complessi.
Certo, un libro da solo non è sufficiente ad evocare un’epoca e a stimolare un tentativo di immedesimazione. Il racconto di un periodo storico e di stili di vita ben lontani dai nostri è un’operazione ben più articolata, che dovrebbe inserirsi in un percorso didattico scandito, ad esempio, da visite al museo, lezioni in aula, attività manuali, processi comparativi.
Le storie però, quelle fatte di parole e immagini su carta, hanno il sacro potere di liberare la mente dalle catene della non-immaginazione e catapultarci, sulle ali della fantasia, indietro nel tempo, per esempio nel giorno in cui, secoli fa, Larth e Tanaquilla vennero al mondo.
Il libro, pubblicato con fondi della Regione Toscana, non è in vendita. Le due Autrici hanno a disposizione un numero limitato di copie gratuite; per chi ne desiderasse una, può scrivere per richiederla a Edy e Simona al seguente indirizzo: info@laregolaquarantadue.it. Verrà richiesto solo il rimborso delle spese di spedizione.
Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
Comment here