C’è un momento particolare in cui si può cominciare a parlare ai bambini di archeologia nel senso di conoscenza del passato e della storia (o delle storie) attraverso gli oggetti e le tracce lasciate dall’uomo?
Solitamente i bambini incontrano l’archeologia quando cominciano ad occuparsi di storia, in terza elementare. Già, la Storia, quella “vera”, di cui si devono ricordare nomi e date, che è, in fondo, un lungo racconto che comincia tanto e tanto tempo fa, proprio come una favola.
Le storie ci sono perché abbiamo voglia di sentirle, fin da piccoli: favole, fiabe e storie accompagnano la nostra crescita e popolano la nostra mente di personaggi, fatti e oggetti.
Questi ultimi in particolare sono capaci di riportarci, in un istante, indietro nel tempo, a questa o quella storia: la scarpetta di Cenerentola, la lampada di Aladino, il cappello di Robin Hood…
Per i piccoli, molto più che per i grandi, vivere un racconto attraverso gli oggetti è quanto mai naturale.
Lo abbiamo sperimentato io e la mia collega Nina qualche tempo fa, quando siamo state coinvolte in un progetto didattico estivo per le scuole dell’infanzia sul tema della vita nel castello, uno spazio che si presta particolarmente bene a lavorare con i piccoli attraverso la dimensione della fiaba.
Le coordinatrici del progetto ci hanno chiesto una attività didattica da fare in classe
“… ma da archeologi però!!”
Ricapitolando: gruppi misti di bambini dai 3 ai 6 anni che di archeologia non hanno mai sentito parlare, una attività didattica da inserire nella cornice tematica del castello, un tempo limitato.
“Che facciamo?”
“Ci serve una storia!” mi ha detto Nina e si è messa a scrivere quello che poi è diventato “Il racconto di una cattiva digestione”, ambientato, ovviamente, in un castello.
Abbiamo poi predisposto una serie di scatole chiuse, all’interno delle quali abbiamo nascosto alcuni oggetti menzionati nella storia.
Li abbiamo scelti in modo che anche i più piccoli li potessero riconoscere facilmente come oggetti nuovi o vecchi e di materiali diversi: alcune monete antiche (oggetti piccoli, rotondi, ruvidi e freddi), un piatto di maiolica (un oggetto rotondo, ma grande e liscio), un mestolo di legno (un oggetto allungato e ruvido), un libro antico (una forma rettangolare, ruvida), una bacchetta (un oggetto molto sottile, liscio e a punta), alcuni nastri di raso (oggetti morbidi e lisci), una bisaccia di camoscio (un oggetto senza forma e morbido), alcuni denti di cinghiale (oggetti piccoli, stondati, lisci).
“Che cosa c’è nelle scatole?”
“Lo dobbiamo scoprire solo toccando ciò che c’è dentro, senza poter vedere niente e stando quindi ben attenti a tutte le caratteristiche degli oggetti”
In un attimo i bambini, tenuta a freno la voglia di guardare, si sono fatti coinvolgere in una vera e propria scoperta e hanno identificato tutti gli oggetti, restituendoli poi ai personaggi della storia che avevano ascoltato in precedenza. Con un paio di gruppi abbiamo anche invertito le attività, esplorando prima le scatole e scoprendo gli oggetti e poi proponendo la storia in un secondo momento.
“Gli archeologi alla fine fanno un po’ quello che avete fatto ora voi con il gioco delle scatole misteriose; anche loro, mentre scavano, cercano di capire che cosa è l’oggetto che hanno trovato, a che cosa serviva, quanto è vecchio…”
“Sì, ma loro lo guardano, noi invece lo abbiamo indovinato senza vederlo!!”
“È vero, ma spesso… come sono gli oggetti che si trovano nella terra?”
“Sporchi!”
“E rotti!”
“E quando una cosa è sporca e rotta voi la riconoscete bene?”
“Noooo”
“E allora come fate per riconoscerla se è rotta e sporca?”
“Si guarda prima di che cosa è fatta, si dice se è grande o piccola, liscia, ruvida, colorata, a punta, tonda…”
“Poi si deve capire a che cosa serviva!”
“E come fate?”
“Si guarda se assomiglia a qualcosa che usiamo anche noi…”
Credo che se dopo due giorni qualcuno avesse chiesto loro che cosa ricordavano di quella mattina insieme agli archeologi, molti avrebbero detto il piatto, il libro, i denti o le monete e solo dopo la storia.
Perché gli oggetti – i reperti archeologici per essere corretti – sono degli attivatori di memoria: siano essi piccoli come un dente o grandi come un piatto, sono capaci di generare personaggi, fatti, luoghi e situazioni in cui questi elementi si intrecciano in una storia.
Aiutano i piccoli a rendere concreto ciò che viene narrato, sia esso un racconto di fantasia, che la Storia con la S maiuscola e fissano nella memoria fatti, frasi, personaggi.
L’archeologia, intesa come possibilità di conoscere il passato dell’uomo attraverso oggetti e tracce, non è una disciplina universitaria o qualcosa con cui organizzare una bella attività didattica.
E’ un modo di osservare e di interpretare la realtà che permette di leggere dentro ogni cosa la storia di un uomo, una donna o un bambino non tanto diverso da noi.
E’ una lente per guardare il mondo, e soprattutto quello italiano, che dovremmo dare ai nostri bambini fin da piccoli, perché siano domani consapevoli del valore delle cose e degli uomini che dalle finestre del tempo raccontano le loro storie.
Vivo a Siena, una città in cui è impossibile non essere circondati dalla storia. Non volevo fare l’archeologa fin da piccola, ma credo di averlo capito al momento giusto.
Ho legato il mio cuore a siti speciali in cui ho avuto e ho la fortuna di lavorare e sono un discreto topo di biblioteca. Ma una delle cose che preferisco fare è condividere le storie che leggo nella terra con i bambini: occhi trasparenti e domande spontanee mettono a nudo l’archeologia e non ammettono risposte vaghe!
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