Cari bambini e bambine, come state? Come avete trascorso le vacanze? E il ritorno a scuola… traumatico?
“Le vacanze sono finite da un pezzo!” – starete pensando – “E tra i banchi di scuola ci siamo tornati già da parecchie settimane. Ma ve ne siete accorti che siamo già in autunno o no?” Ma certo che ne siamo accorti e vi chiediamo scusa se per un po’ siamo spariti. E no, non eravamo al mare o chissà dove, anche per noi l’estate è ormai un ricordo lontano. Diciamo che è un periodo complicato per noi cinque, pieno di impegni e di cose da fare. La vita degli archeologi, bambini miei, è un gran casino. Avete presente quei giorni in cui vi sembra che la campanella a scuola non suoni mai o la maestra vi assegna così tanti compiti che avete l’impressione che non riuscirete mai a finirli tutti? Beh per noi archeologi è un po’ così: uno scavo senza fine!
Ma queste sono questioni da grandi, non voglio annoiarvi. Voglio invece farvi un piccolo regalo: una storia o meglio le prima pagine di una storia che ho scritto tempo fa e che racconta di un bambino, Salvo, che un po’ controvoglia va al museo di domenica con i suoi genitori e scopre tante cose straordinarie sulla terra in cui vive: la valle del Carapelle nel cuore della Capitanata, in Puglia. Questa storia è stata scritta per un progetto che si chiama Apulia fluminum, la “Puglia dei fiumi”, e che ha come obiettivo proprio quello di far riscoprire i siti e le aree archeologiche che si trovano lungo il percorso di quello che un tempo era il fiume Carapelle, oggi poco più che un torrente.
La città romana di Herdonia per esempio, o la villa di Faragola, una casa di campagna di un ricco cittadino romano, o il villaggio neolitico di Passo di Corvo. La storia si trova all’interno di un quaderno didattico (il secondo dopo “In viaggio con Salvo tra gli antichi Romani”) che verrà donato a tutti i bambini che visiteranno questi siti o parteciperanno ad una delle tante attività didattiche che qui vengono organizzate dagli archeologi. Insomma, una buona ragione in più per venire in Puglia se non ci siete mai stati. Che faccio… vi aspetto?
Le sagome dei palazzi sono sfocate, i colori spenti, le figure che si muovono giù per le strade assomigliano a tante formiche indaffarate. Salvo guarda fuori dalla finestra al quinto piano della sua cameretta e non riesce a capacitarsi di quello che vede: c’è qualcosa di strano nel mondo stamattina o forse sono i suoi occhi ad essere ancora velati dal sonno. Prova a stropicciarseli con forza e a quel punto capisce. “Gli occhiali!”, ecco cosa c’è di diverso. Li cerca nel disordine della sua stanza. Eccoli! Sono finiti sotto il letto. Li afferra e li inforca con decisione. Quelle grosse lenti rotonde che gli coprono il viso sono il suo binocolo per mettere a fuoco la realtà e il davanzale della finestra il suo punto di osservazione privilegiato. Non c’è molto da vedere, ma Salvo resterebbe lì per ore, quello è il momento in cui i personaggi e i luoghi delle sue storie preferite si animano nella sua testa.
“Salvo! Salvo! Dobbiamo andare, sei pronto?” Sua madre lo riporta alla realtà. È domenica e i suoi genitori si sono messi in testa di accompagnare lui e sua sorella al museo archeologico per una visita guidata ‘speciale’ per le famiglie. Cosa possa esserci di così tanto speciale in un museo che non abbia già visto o letto nei libri di scuola non riesce proprio ad immaginarselo. Ma non ha voglia di fare storie. Chiude la finestra, prende il giubbino e raggiunge gli altri che lo aspettano borbottando.
Non è la prima volta che Salvo visita il museo di Foggia; ci è già stato quando era molto piccolo ma non ricorda granché. Le altre famiglie intanto sono già arrivate e si sono radunate all’ingresso del museo attorno ad un grande tavolo con una cartina geografica. Con loro c’è Elisa, l’archeologa. È giovane, molto più della sua maestra, sorride e indossa vestiti… normali! Non se l’era immaginata così un’archeologa, ma più vecchia, con un’aria seria e un po’ seccata, una giacca color safari e grossi scarponi.
Suo padre gli afferra con forza la mano, quasi a volerlo scuotere dai suoi pensieri, e lo conduce verso il tavolo. Sulla cartina, colorata di verde e di marrone, Salvo vede una lunga linea azzurra e poi tanti nomi di luoghi che non conosce. “Benvenuti al museo! Oggi voglio proporvi una vista guidata diversa dal solito, che assomiglierà ad un viaggio immaginario nella nostra terra per conoscerne meglio la storia millenaria. Di sala in sala e di vetrina in vetrina, sveleremo un pezzettino di questa storia e scopriremo i luoghi, gli uomini e gli oggetti che ne sono stati protagonisti”. Una storia. Salvo non ha mai pensato che al museo si potessero raccontare storie. La visita si prospetta interessante…
“Quella che vedete in questa cartina è la valle del Carapelle, così chiamata dal nome del torrente che l’attraversa, dai monti del Subappennino Daunio fino al mare. Ma in passato il Carapelle era molto più di un semplice torrente: si trattava di un fiume assai importante che ha favorito la presenza dell’uomo e il succedersi di civiltà e insediamenti, oggi conosciuti grazie alle indagini e agli studi di noi archeologi”.
Salvo ascolta con un misto di stupore e incredulità le parole di Elisa. La terra dove è nato e cresciuto nasconde una storia lunghissima che lui conosce appena e un po’ se ne vergogna. Si sistema gli occhiali sul naso e fissa il suo sguardo su quel lungo serpente blu che attraversa la cartina. Ha sempre creduto che i suoi occhiali avessero un potere speciale: lo aiutano a guardare oltre le apparenze e a far volare la fantasia. Chissà se funzionano anche in un luogo come questo! Intanto, la folla di grandi e piccoli si sposta in una delle prime sale del museo.
“Questa sala è dedicata al periodo neolitico. Dovete sapere infatti che la valle del Carapelle fu occupata dall’uomo già intorno al 6000-4000 prima di Cristo. Uno dei siti che conosciamo meglio è quello di Passo di Corvo, tra Foggia e San Marco in Lamis. Ci siete mai stati?” “Sììì!!!”, “Nooo!!!”, rispondono a cori alterni i bambini presenti nella sala.
“Là dove un tempo c’era uno dei villaggi neolitici più grandi di tutta la Puglia oggi c’è un parco archeologico dove è possibile vedere delle capanne ricostruite allo stesso modo di quelle antiche. Molte delle abitazioni erano un tempo circondate da enormi fossati, ancora oggi visibili, che servivano a raccogliere le acque in caso di pioggia o alluvioni ed evitare che i terreni diventassero paludosi, ma anche a difendersi e a delimitare gli spazi delle capanne. Gli archeologi hanno ritrovato resti delle capanne, silos per conservare il grano, sepolture e oggetti d’uso comune, per la vita quotidiana e per i riti religiosi”.
Nella vetrina ci sono reperti di vario tipo: contenitori in argilla, selci, asce e frammenti di ossidiana, un vetro di origine vulcanica come ha detto Elisa. Salvo si sistema meglio gli occhiali e viene catapultato indietro nel tempo: ora è in una capanna preistorica! Sente voci di bambini, adulti e persino i versi degli animali. Qualcuno gli rivolge la parola…
Il testo del quaderno didattico “Al museo con Salvo tra Dauni, Romani e cavalieri” (in stampa e a breve disponibile) è stato scritto dalla sottoscritta. Gli apparati didattici sono a cura di Elena Musci, le bellissime illustrazioni sono state realizzate da Giuliano Cangiano, il progetto grafico è dello studio Octobit.it. Il progetto del SAC (Sistema Ambientale Culturale) Apulia fluminum_ è stato coordinato da Archeologica Srl, un gruppo di archeologi che lavora a Foggia e che con passione e dedizione organizza visite guidate, attività didattiche e tante altre iniziative per consentire alla gente del posto – adulti e bambini – e ai turisti di scoprire i monumenti, le aree archeologiche, i luoghi, le tradizioni storiche e la cultura del territorio di Capitanata.
Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
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