Dopo otto mesi, il periodo di studio qui a Leiden sta per terminare. Otto mesi letteralmente volati, in cui ho imparato tantissimo a livello professionale e in cui ho conosciuto molte persone provenienti da tutto il mondo. Lo scorso novembre, quando ero arrivato solo da pochi giorni, avevo raccontato la ricerca di Eldris Con Aguilar sull’insegnamento del passato indigeno nelle scuole di alcune isole dei Caraibi; oggi invece viaggiamo fino all’antica Nubia insieme a Tomomi Fushiya, dottoranda giapponese con un bellissimo progetto sul sito archeologico di Amara West.
Nel corso di questi mesi ho parlato molto con Tomomi, visto che le nostre ricerche toccano gli stessi temi: il rapporto tra archeologia e società contemporanea, lo studio delle comunità che hanno un’interesse nel lavoro degli archeologi, i metodi di indagine. Fino alla settimana scorsa però non sapevo che, come parte integrante della sua ricerca, avesse progettato e pubblicato anche un libro per bambini. Tomomi stava presentando il suo progetto durante uno degli incontri che periodicamente si tengono tra archeologi e dottorandi e a un certo punto apre un piccolo libro con una copertina coloratissima e una storia molto originale dietro le pagine.
Partiamo però dall’inizio… Nel 2008 il British Museum inizia a indagare Amara West, un’antica città che sorgeva su un’isola lungo il corso del Nilo e fu capitale amministrativa del distretto dell’alta Nubia a partire dal regno di Seti I (1306-1290 a.C.). La città, che oggi sorge sulla sponda occidentale del fiume, è in corso di scavo con l’obiettivo principale di indagare la vita quotidiana degli abitanti di questa antica città: da dove venivano, cosa mangiavano, la loro salute, le attività artigianali che svolgevano nelle loro case. Chi è interessato a sapere di più sull’antica città e a scorrere alcune foto può visitare la pagina web del progetto di ricerca cliccando qui.
Tra le varie attività che sono organizzate all’interno del progetto c’è anche il coinvolgimento della comunità locale, che risiede principalmente nella vicina città di Abri. Tomomi si occupa proprio di questo aspetto e, nel corso del suo dottorato ha realizzato una serie di iniziative molto interessanti, che vanno da libri divulgativi in inglese e arabo, a podcast con informazioni sul sito nel dialetto della Nubia e a un libro pensato per i bambini delle scuole. L’aspetto particolare è che per gli ultimi due prodotti si è avvalsa dell’aiuto di alcuni membri della comunità locale. Per quanto riguarda i podcast, la scelta di utilizzare il dialetto locale è stata dettata anche dal fatto che è una lingua a rischio di estinzione e, per ovvie ragioni, la richiesta di aiuto era inevitabile.
Il libro si intitola “Life in the Heart of Nubia” ed è stato realizzato come punto di partenza per far conoscere ai bambini il patrimonio culturale presente nel loro territorio. Inoltre, presentando la vita quotidiana nelle città di Abri, Amara East e l’isola di Ernetta con riferimenti a differenze o elementi di continuità con la vita nel passato, il libro vuole far capire ai bambini l’importanza di prendersi cura del proprio passato. Il valore aggiunto sta nel fatto che è stato realizzato insieme alle persone del posto, ma per saperne di più su questo aspetto abbiamo chiesto alla stessa Tomomi, che ha coordinato i lavori.
Tomomi, perché hai deciso di coinvolgere i membri della comunità locale di Amara West per realizzare il libro per i bambini?
Ho deciso di coinvolgere alcune persone del posto perché dopo diverse attività che avevamo svolto per loro per informarli sul nostro lavoro sul sito archeologico, come ad esempio il libro divulgativo che abbiamo pubblicato in inglese e in arabo, ci siamo accorti che avevamo raggiunto un terreno comune su cui poter lavorare insieme. L’obiettivo era quello di costruire qualcosa insieme e la scelta del libro per bambini è stata quasi naturale: gli archeologi erano andati varie volte nelle classi delle scuole locali, ma volevamo fare qualcosa di più per fornirgli informazioni più precise sul lavoro patrimonio culturale.
Un altro motivo per coinvolgere le persone del posto è ovviamente perché il mio progetto di dottorato è incentrato su come integrare le conoscenze degli archeologi con quelle locali!
Come si è svolto il lavoro con le persone del posto? Raccontaci un po’ il dietro le quinte.
Prima di iniziare questo lavoro avevo già svolto alcune interviste per il mio progetto di ricerca e avevo conosciuto molte persone. In quell’occasione mi ero già fatta un’idea a chi di loro avrei potuto chiedere di collaborare per lavorare ad un libro. Poi, una volta ottenuto il finanziamento e avere avuto la sicurezza di poter realizzare il libro, gli ho sottoposto personalmente l’idea e abbiamo iniziato a lavorarci. Io non avevo un’idea specifica, l’abbiamo definita insieme, l’unico limite che avevo era che il libro non avrebbe dovuto superare le trenta pagine.
Ci siamo divisi i compiti: Shireen Ahmed, una ragazza più giovane e più attiva ha lavorato insieme a me e insieme abbiamo raccolto informazioni intervistando diverse persone del posto; Hassan Sorta e Fekri Hassan Taha, due signori più anziani invece ci hanno suggerito di raccogliere informazioni su alcune storie locali chiedendo ad alcuni membri più anziani della comunità.
Com’è stato per te lavorare con le persone del posto e com’è stato per loro lavorare con te?
Per me è stato molto bello trascorrere del tempo con loro e conoscerli meglio. Invece di vederci alla casa della missione archeologica, abbiamo deciso di incontrarci a casa di uno di loro e ricordo bene quelle serate, mi sono divertita molto.
Per Shireen, Hassan e Fekri credo che sia stato un po’ più stressante per via dei tempi di lavoro serrati ma devo dire che nessuno si è mai tirato indietro e che hanno svolto un lavoro molto meticoloso in fase di editing, soprattutto per quanto riguarda la correttezza della traduzione in arabo. Mi hanno detto: “Questo è il nostro libro!” e per me è stato il commento più bello.
Per quanto riguarda la copertina – che secondo me è veramente molto bella, attira l’attenzione – com’è nata? Qual è la sua storia?
Visto che nel villaggio ci sono diversi artisti, ho pensato che sarebbe stato perfetto per il libro se a realizzare la copertina fosse stato uno di loro. Poi ho notato che in paese e nelle scuole c’erano diversi quadri realizzati dallo stesso pittore e ho saputo che suo figlio stava studiando arte a Khartoum, così ho pensato di chiedere a lui. Insieme alla mia squadra, gli abbiamo raccontato quale sarebbe stato l’argomento del libro e che ci sarebbe piaciuto avere una copertina con delle persone e un paesaggio: lui l’ha realizzata così e direi che è riuscita molto bene.
Le parole al centro, che sono nel dialetto locale, appartengono una poesia che parla della vita in Nubia scritta dal poeta Makki Adris.
Com’è avvenuta la distribuzione del libro? Come l’avete fatto avere ai bambini?
Alle scuole di Abri l’ho distribuito io stessa: sono andata con uno dei signori con cui ho lavorato. Lui ha presentato il libro, dicendo di che cosa trattava e quale era il suo obiettivo; io ho affrontato gli aspetti archeologici, dalla ceramica ai templi. Visto che il libro tratta di temi comuni a tutta la Nubia e non solo ad Amara West, l’abbiamo distribuito anche a Khartoum, la capitale, e in altre città del Sudan.
Ci sta aiutando molto una delle persone con cui ho lavorato, che è il preside della scuola. Quando si muove per corsi di aggiornamento porta sempre con sé alcune copie del libro e non perde l’occasione per farlo conoscere. Inoltre ho avuto l’occasione di distribuirlo a Londra durante una conferenza, ed è stata una bella soddisfazione!
Per concludere, qual è secondo te l’importanza di coinvolgere i membri della comunità locale per gli archeologi che lavorano in nazioni diverse dalla propria?
Credo che noi archeologi abbiamo una nostra conoscenza specifica di quello che è il passato e le testimonianze archeologiche di un territorio e dobbiamo integrare queste conoscenze con quelle dei locali. Nel caso di Amara West, la comunità di Abri conosceva già il sito archeologico e lo percepiva come parte del loro patrimonio culturale ma ovviamente le informazioni che avevano a disposizione erano molto ridotte. All’inizio noi archeologi abbiamo dovuto principalmente informare sul nostro lavoro.
Credo inoltre che questo debba essere sempre il modo di fare archeologia, certamente da parte di missioni all’estero, ma anche da parte di archeologi che lavorano in patria ma che non sono parte della comunità di cui stanno indagando il passato. Nel caso di Amara West, noi speriamo che condividendo le informazioni e coinvolgendo le persone del posto siano loro stessi a prendersi cura del loro passato, una volta che la missione archeologica sarà conclusa.
Trasmettere informazioni e coinvolgere i bambini, che saranno i cittadini del futuro, è quindi una parte fondamentale di questo progetto.
Grazie mille, Tomomi! Arigato!
Amara West Project è un progetto del British Museum, finanziato da Qatar-Sudan Archaeological Project.
Il libro “Life in the Heart of Nubia” è stato realizzato grazie a una borsa di ricerca della Toyota Foundation ed è disponibile online
- 🇬🇧 in inglese
- 🇸🇦 in arabo
C’era una volta un bambino di nome Francesco che, dopo aver trascorso infanzia e adolescenza visitando siti greci e romani nel Mediterraneo, sa che diventerà archeologo. Si iscrive all’università di Siena convinto di studiare le antichità classiche ma ben presto capisce non c’è cosa più bella di condividere e vivere l’archeologia e le sue storie con tutti, bambini compresi. E continua a farlo anche dopo aver terminato il suo dottorato in archeologia pubblica.
Comment here