Da un paio di settimane mi trovo a Leiden, in Olanda, per trascorrere un periodo all’estero per il mio dottorato. Queste esperienze sono straordinarie da molti punti di vista, e non mi riferisco solo all’apporto scientifico per la propria ricerca. Ad esempio permettono di entrare in contatto con persone che mai ti saresti neanche lontanamente immaginato di incontrare: una di queste è Eldris Con Aguilar, dottoranda venezuelana/panamense all’Università di Leiden.
Eldris mi ha raccontato della sua ricerca e già dalle sue prime parole ho drizzato le orecchie e una lampadina si è accesa: “Eldris, quello che mi stai dicendo lo devo far sapere anche ai lettori di Archeokids, mi concedi un’intervista?”
Siete pronti a partire con il nostro giramondo? Oggi, insieme a Eldris, andiamo nei Caraibi!
1 – Iniziamo a conoscere la nostra compagna di viaggio! Eldris, tu non hai studiato archeologia all’università ma per il tuo dottorato di ricerca hai a che fare con l’archeologia dei Caraibi: come mai questa scelta?
In effetti all’università ho studiato “Education in history and geography” e mi sono avvicinata all’archeologia gradualmente, prima di iniziare il mio progetto di dottorato. Ho avuto varie esperienze di insegnamento nelle scuole secondarie del Venezuela e mi sono resa conto che gli studenti fanno veramente fatica ad appassionarsi alla storia perché non vedono connessioni con il presente. Mi sono resa conto che la storia dovrebbe essere insegnata in modo più coinvolgente, ci deve raccontare qualcosa su di noi. L’archeologia permette di fare questo: gli oggetti ci mettono in relazione con il presente molto più facilmente di una fonte scritta. Ad esempio, il mortaio è uno strumento utilizzato da sempre nella zona caraibica e si trova anche nelle cucine moderne. Questi sono i motivi che mi hanno spinto a indagare i rapporti tra l’insegnamento nelle scuole e l’archeologia nell’area dei Caraibi.
2 – Veniamo quindi alla tua ricerca. Il tuo dottorato è quasi terminato, ti manca solo di discutere il progetto. Ci puoi anticipare qualcosa della tua ricerca? Che cosa riguarda esattamente?
Il mio dottorato rientra all’interno di una delle molte linee di ricerca di un grande progetto che si chiama NEXUS 1492. Come indica il termine nexus, connessione, questo progetto ha l’obiettivo di indagare dal punto di vista archeologico le culture indigene dell’area caraibica all’epoca dell’arrivo di Cristoforo Colombo e l’impatto della colonizzazione europea. Finora la nostra conoscenza a riguardo si basa molto sulle fonti scritte, che ovviamente forniscono solo una visione parziale. Per conoscere meglio la cultura materiale, in NEXUS 1492 archeologi, antropologi, bioarcheologi, genetisti, geografi, informatici, biochimici, geochimici, educatori e museologi lavorano insieme all’interno di vari sottoprogetti, secondo un approccio multidisciplinare.
All’interno di NEXUS 1492, io faccio parte del team “Heritage”, per il quale mi sono occupata di una serie di attività didattiche. La mia ricerca di dottorato riguarda l’insegnamento del passato indigeno nelle scuole: come è insegnato? Quali sono le conoscenze delle maestre? Quali libri di testo utilizzano e che cosa riportano questi libri sull’incontro con gli europei? Gli insegnanti portano i ragazzi nei musei? Invitano gli archeologi in classe? Cos’è per gli insegnanti il patrimonio culturale?
Con una serie di interviste ho approfondito queste domande e attraverso una serie di workshop, ricercatori e maestre insieme hanno cercato di incorporare le nuove informazioni e trovare un terreno comune per collaborare. I workshop si sono tenuti in alcune città della Repubblica Dominicana, nella Dominica e a Saint Kitts and Nevis.
3 – I workshop di cui mi hai parlato hanno portato a un risultato concreto: due coloratissime guide per insegnanti! Che cosa troviamo all’interno? Qual è il loro obiettivo?
Sì, il risultato degli workshop si è tradotto in due guide per insegnanti, disponibili in open access: la nostra ricerca ha mostrato la necessità di nuove informazioni sull’archeologia e il patrimonio culturale e un approfondimento sulla pedagogia, quindi sui vari modi in cui coinvolgere gli studenti su questi temi. Ci tengo a sottolineare che le guide sono il frutto di una collaborazione molto stretta tra archeologi e insegnanti.
La prima guida si intitola “Connecting canoes” e ha come argomento principale il seascape, il paesaggio marino. Gli archeologi hanno lavorato con le insegnanti per inserire all’interno sia contenuti e definizioni che esercizi che si basano sui paesaggi marini e sull’archeologia dell’area. Ad esempio, abbiamo un esercizio di matematica che prende spunto dalle rotte seguite dalle canoe nei Caraibi.
La seconda guida, intitolata “Teaching indigenous history and heritage – A guide for teachers in the Caribbean” è più corposa: ci sono approfondimenti su archeologia e pedagogia, insieme a tre attività didattiche ideate da maestre di scuola primaria della Dominica.
4 – Il progetto è in via di conclusione ma c’è ancora spazio per la ciliegina sulla torta: di che cosa si tratta?
Proprio così. Stiamo organizzando per le prossime settimane un contest in alcune scuole con cui abbiamo lavorato, con l’obiettivo di capire come le maestre stanno usando queste guide. Le esperienze più interessanti che emergeranno da questo contest saranno raccontate su un blog. Così anche i lettori di Archeokids potranno conoscere i risultati!
5 – Non mancheremo di segnalare il link sui nostri canali social. Complimenti per questa fantastica esperienza! Un’ultima domanda: pensi che questo progetto possa essere applicabile in altri contesti?
Penso proprio di sì, è applicabile ovunque perché tutti abbiamo un passato da condividere con i bambini, dall’Asia, all’Africa e all’Europa. Sono argomenti che interessano e che inoltre ci connettono gli uni con gli altri, per cui è importante capire come vengono insegnati a scuola e cosa si può migliorare. Esistono già alcuni esperienze simili in Spagna e negli Stati Uniti, ma certamente si potrebbero realizzare in numero sempre maggiore.
Grazie per questa intervista Eldris e in bocca al lupo per la tua ricerca!
C’era una volta un bambino di nome Francesco che, dopo aver trascorso infanzia e adolescenza visitando siti greci e romani nel Mediterraneo, sa che diventerà archeologo. Si iscrive all’università di Siena convinto di studiare le antichità classiche ma ben presto capisce non c’è cosa più bella di condividere e vivere l’archeologia e le sue storie con tutti, bambini compresi. E continua a farlo anche dopo aver terminato il suo dottorato in archeologia pubblica.
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