Che l’invito a partecipare a RomArché ci avesse caricati d’entusiasmo ve ne sarete accorti più o meno tutti. Nelle scorse settimane, dopo che la notizia ci è stata comunicata ufficialmente, ve ne abbiamo più volte dato prova in molti dei nostri post sulla pagina.
Ed infine, eccoci qui! La scorsa domenica la delegazione ArcheoKids composta da me, Giovanna e Francesco si è riunita nel pieno centro di Roma per raccontare il come, il quando, il perché che stanno dietro al nostro incontro e al nostro progetto, nella splendida cornice del Museo delle Terme di Diocleziano.
Eh sì, perché quest’anno è stata proprio questa la sede prescelta per la settima edizione del Salone dell’Editoria Archeologica, con un convegno dedicato ai musei e al loro ruolo fondamentale in quanto luoghi in cui gli oggetti esposti contribuiscono a ricostruire frammenti di vite e di storie e dove il tempo è un elemento fondamentale che non solo colloca quei reperti all’interno di un percorso storico, ma li collega con innumerevoli rimandi agli uomini, alle donne (e ai bambini!) del presente che visitando un museo entrano in contatto con essi.
E proprio la giornata di domenica – una sorta di appendice al convegno vero e proprio – ha concesso un occhio di riguardo ai più piccoli. Ovviamente, ArcheoKids non poteva mancare all’appuntamento!
Sarà anche per questo, per aver trovato un bel terreno di dialogo, che ci siamo sentiti a casa fin dalle prime ore della mattina, grazie all’accoglienza di Valentino Nizzo della Direzione Generale Musei del MiBACT, ideatore e direttore scientifico dell’evento e Simona Sanchirico, della Fondazione Dià Cultura che ha organizzato il convegno. Una bella chiacchierata anche per conoscerci meglio e per preparare il nostro intervento previsto a mezzogiorno.
Nel frattempo, al piano di sopra, altre interessanti attività stavano svolgendosi: un laboratorio didattico sui gioielli antichi che già a quell’ora contava diversi bambini intenti a creare riproduzioni di ciondoli, collane e bracciali di ogni epoca e, nella stanza adiacente, la preparazione di letture animate che sarebbe iniziata di lì a poco.
Intorno a mezzogiorno, subito dopo la presentazione del bellissimo progetto “Dall’Adriatico al Tirreno: in viaggio tra archeologia e storia” in cui Valentino Nizzo e Syusy Blady si incontrano e dialogano in una serie di video girati per raccontare alcuni straordinari siti archeologici italiani, è stato il nostro turno di sederci di fronte al pubblico, nella sala conferenze del museo, circondati da statue e bassorilievi.
Quando, qualche settimana fa, avevamo iniziato a pensare a come strutturare il nostro intervento ci eravamo immaginati qualcosa che non fosse un banale discorso di presentazione di ciò che finora abbiamo fatto e di quello che vorremmo fare: volevamo provare ad essere un po’ meno tradizionali e un po’ più coinvolgenti, in vista anche della possibilità che tra il pubblico ci fossero pure dei bambini.
Ecco quindi perché abbiamo deciso di aprire il nostro intervento con un dialogo, una breve scenetta di qualche minuto in cui io e Francesco nei panni rispettivamente di un’archeologa e di un bambino (per l’occasione addirittura seduto a terra e munito di zainetto), abbiamo provato a introdurre i vari temi – dagli innumerevoli luoghi comuni sulla figura dell’archeologo ancora duri a morire, all’importanza dei laboratori pratici e della didattica archeologica a supporto dei programmi scolastici (giusto per ricordarne alcuni) – che stanno alla base della nascita di ArcheoKids e che ci hanno spinti a unire le nostre esperienze e a raccontare il nostro mestiere in un blog.
Subito dopo, è stato il turno di Giovanna che ripartendo proprio dal nostro dialogo, ha parlato più nel dettaglio di questi quasi due anni ricchi di attività e progetti ulteriori che sono nati dal nostro incontro e da questa bella avventura che ci ha legati.
Archeologia. Bambini. Raccontarsi. Un blog. Con questi ingredienti viene quasi naturale immaginarsi come abbiamo poi deciso di continuare il nostro intervento: leggendo proprio dei passaggi di alcuni dei nostri post passati. Prima una riflessione un po’ più teorica sul rapporto che esiste tra bambini e archeologia (in un’ottica che ricade sotto il concetto di “archeologia pubblica”) e un altro che raccontava, in termini puramente pratici, l’apporto che i più piccoli possono regalare al nostro lavoro: nel caso specifico il come è nato un progetto bellissimo, tradottosi poi in un video emozionante dal titolo “Giù le mani dalla nostra Storia” che una classe elementare ha ideato e poi girato insieme a noi, sullo scavo di Vignale, a seguito di alcuni atti di vandalismo che avevano danneggiato il cantiere.
A conclusione non potevamo non proiettare proprio quel filmato. Abbiamo scelto di lasciar voce e spazio ai bambini, alle loro parole e alla loro sensibilità perché in fondo sono loro i veri protagonisti del nostro progetto e sono loro soprattutto i destinatari e i custodi – in quanto uomini e donne di domani – del nostro immenso e meraviglioso patrimonio culturale.
Un ringraziamento speciale va nuovamente agli organizzatori di RomArché che ci hanno voluti lì con loro, che apprezzano il nostro impegno e che sappiamo essere tra coloro insieme ai quali stiamo percorrendo una strada – quella che mira a rendere le persone sempre più consapevoli e partecipi riguardo a tutto ciò che ruota attorno ad archeologia e beni culturali – sicuramente impegnativa ed ambiziosa, ma al contempo stimolante e fatta anche di piccole grandi soddisfazioni.
[Breve nota finale: tra qualche giorno dovrebbe essere disponibile il video del nostro intervento, quindi, se oltre al racconto di questa giornata, vorrete vedere come è andata, non vi resta che pazientare un po’ e tenere d’occhio la nostra pagina Facebook].
8 anni. Prima lezione di Storia. Una maestra speciale che m’incanta parlando della fine di Pompei e degli scavi che l’hanno riportata alla luce insieme alle storie dei suoi antichi abitanti. Quel giorno ho deciso che da grande avrei fatto l’archeologa.
E forse è per via di questo inizio che ancora mi trovo divisa tra la passione del fare ricerca sporcandomi le mani di terra e la consapevolezza che raccontare il nostro mestiere, soprattutto ai più piccoli, lo possa caricare di senso e di futuro.
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