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A caccia di orme gialle a Monforte San Giorgio

Fino a qualche giorno fa mi trovavo in Sicilia con alcuni colleghi (tra cui alcuni Archeokids in missione speciale) per un progetto che stiamo svolgendo in un paese della provincia di Messina.

Con Samanta, Nina e Luca, in un (raro) momento di pausa.

Il paese si chiama Monforte San Giorgio ed è un posto davvero particolare, prima di tutto dal punto di vista geografico, perché si trova proprio a ridosso di un’altura molto pronunciata, il Monte Marra, sulla cui cima oggi si trova una chiesa. Dal sagrato si gode una vista spettacolare sulla costa e le isole Eolie che sono proprio là di fronte e, naturalmente, su tutto il territorio circostante. Proprio per questo motivo, essendo un punto di ottima visibilità sul paesaggio, gli antichi lo avevano scelto per costruirvi un castello, i cui resti si possono osservare tra la vegetazione.

Monforte San Giorgio con, sullo sfondo, il Monte Marra noto a tutti come Colle dell’Immacolata.

Che cosa ci facciamo noi archeologi a Monforte San Giorgio?

No, non stiamo scavando il castello medievale (certo che sarebbe bellissimo!), stiamo lavorando per conto dell’Università di Siena e insieme al Comune a un progetto di archeologia pubblica del contemporaneo che ha ricevuto un finanziamento da parte della società ALeS – Arte, Lavoro e Servizi.

Il progetto si chiama Percorsi BioGrafici e mette insieme archeologi, architetti e artisti per ricostruire e conoscere la storia e la trasformazione del paese e proporre, in un percorso condiviso con la comunità, esperienze di rigenerazione urbana, di riqualificazione degli spazi e di riappropriazione della propria identità.

Il primo passo di conoscenza è stato una mappatura accurata di tutti gli edifici, per individuare le tracce materiali, anche le più leggere, che possono raccontare un frammento della storia che ha portato Monforte San Giorgio ad essere il paese che è oggi: un luogo per certi aspetti labirintico, in cui sono nascosti i resti di un passato molto più importante di quello che appare a una prima occhiata, ma in cui, con il passare del tempo, molte tracce sono state cancellate. Ne è derivato un paese senza una apparente caratterizzazione storica a dispetto invece di una storia articolata e che risale molto indietro nel tempo, probabilmente fino all’epoca normanna; un paese in cui si vive sempre meno volentieri, preferendo i nuovi centri sulla costa tirrenica, ma che ha invece avuto, nel tempo, una popolazione vivace e numerosa.

E così con il naso in su, abbiamo mappato tutti gli edifici dell’abitato storico, registrando materiali, forme e funzioni; i nostri fossili guida sono diventati le porte, le finestre, le mensole dei balconi, i tetti, le cornici in pietra di Monforte San Giorgio: porte di legno, porte di ferro, porte di PVC, porte di alluminio e ancora mensole in cemento, mensole in arenaria, mensole con decorazioni scolpite etc.

Battenti in ferro e bronzo sulle porte di Monforte in un collage di Luca Luppino.

Ne è uscita una mappatura interessante che ci ha aiutato a visualizzare, attraverso un sistema GIS, la trasformazione dell’abitato a partire dall’epoca medievale almeno fino alla metà degli anni Cinquanta.

Da questa mappatura sono usciti dei fili rossi, ovvero dei possibili Percorsi BioGrafici, che, proprio come il famoso filo di Arianna, possono aiutarci a uscire dal labirinto di una apparente non identità: luoghi da riscoprire, spazi da riqualificare, monumenti da adottare, quartieri da rigenerare, angoli suggestivi da valorizzare.

Da qui in avanti, per la buona riuscita del progetto, entrano in scena gli artisti e gli architetti che sapranno trovare i linguaggi giusti perché ognuno di questi fili rossi teorici si trasformi in una concreta esperienza di conoscenza, di ri-appropriazione e di rigenerazione degli spazi. Ci siamo già fatti anticipare qualche idea che intendono realizzare e crediamo proprio che alla fine da questo progetto uscirà una Monforte nuova, diversa, che ti viene voglia di andare a vedere… o in cui ti viene voglia di rimanere a vivere, invece di andartene ad abitare da qualche altra parte.

Ma soprattutto da questo progetto uscirà sicuramente una Monforte consapevole del proprio patrimonio, anche di quello perduto, anche di quello immateriale e se questo accadrà, lo dovremo ai suoi più giovani abitanti.

Uno dei punti fermi del nostro progetto è infatti la condivisione del percorso di conoscenza e rigenerazione urbana con la comunità locale e in particolare con i bambini che frequentano la scuola primaria e che sono il futuro di Monforte San Giorgio.

Ci siamo conosciuti a novembre, in una fredda giornata, nella piazza della chiesa di S. Michele Arcangelo e là subito si è capito che ci saremmo piaciuti. Abbiamo spiegato ai bambini delle classi quarta e quinta in che cosa consistesse il nostro lavoro di archeologi all’interno del progetto Percorsi BioGrafici.

Il primo incontro con i bambini nella piazza della chiesa di S. Michele Arcangelo.

Sono rimasti colpiti dai nostri strumenti di lavoro così banali: una mappa catastale, delle matite colorate e molta, molta capacità di osservare le discontinuità, i diversi materiali con cui sono costruite le case e ogni più piccolo dettaglio che possa rivelare anche solo un frammento della storia vissuta in quel fitto reticolo di strade.

Per osservare il mondo con gli occhiali dell’archeologia non serve una tecnologia particolare, ma è indispensabile essere curiosi e capaci di osservare anche i più piccoli dettagli.

È bastato poco tempo insieme per far nascere nei bambini la curiosità rispetto al nostro lavoro e la voglia di provare a indossare quegli occhiali speciali che permettono a un archeologo di intravedere, dietro una semplice pietra, la storia di una persona.

Conoscere molto da vicino i materiali di cui sono fatti gli edifici.
Eppure fino a ieri sembrava solo un vecchio palo di legno…

Sul momento non ci siamo resi conto di quanto questo primo incontro avesse segnato il loro modo di camminare dentro il paese in cui vivono da sempre, lo abbiamo capito solo in questo ultimo nostro soggiorno siciliano.

Tutti insieme in cerchio all’interno della Chiesa di S. Francesco, trasformata in punto di incontro e informazione sul nostro progetto: i bambini e la maestra Rosa parlano con Enrico Zanini.

Il merito non è stato però tutto nostro; la loro maestra ha lavorato fin dal primo anno di scuola sulla storia, l’identità e le tradizioni di Monforte San Giorgio, per cui quel piccolo “seme archeologico” è germogliato molto facilmente!

Quando è arrivato il momento della condivisione dei risultati della nostra mappatura, invece di sottoporre ai bambini i diversi punti di interesse che avevamo individuato, abbiamo pensato di coinvolgerli in maniera più attiva e di farli scoprire a loro.

Alla scoperta del GIS del nostro paese!

Cercando di non farci vedere – perché Monforte SAn Giorgio, per fortuna, è ancora un posto dove i bambini giocano per strada e si muovono da soli a piedi – abbiamo cosparso il paese di orme gialle: 25 coppie di orme, stampate a terra con una bomboletta spray e l’aiuto di una mascherina di cartone.

È il momento di tappezzare il paese di orme gialle…

Ce ne siamo andati in giro per le vie e i vicoli a stamparle a terra, sotto gli occhi di un gruppo di muratori che ci osservava da un ponteggio, di qualcuno degli anziani a passeggio che ci guardava senza dire niente, mentre altri ci tenevano d’occhio dai balconi.

Missione compiuta! adesso comincia la caccia alle orme!

 

Poi abbiamo lanciato la caccia alle orme gialle.

Chi trova le orme gialle, deve mettersi con i piedi sopra, nello stesso verso delle orme, fermarsi e osservare bene quello che ha davanti. Che cosa vogliamo farti notare?

Già dopo qualche ora che le orme erano state stampate a terra, abbiamo cominciato a ricevere messaggi che i bambini le stavano cercando e trovando. Chi 10, chi solo 4, chi 22, chi tutte!

In pochi giorni le orme gialle hanno catturato l’attenzione di grandi e piccoli.

“Siete voi quelli delle orme gialle? Mia figlia le sta cercando….” ci dice un padre mentre rientra a casa dal lavoro.

“Mi dite che cosa sono quelle orme gialle che stanno in giro per il paese” ci chiede una signora mentre passiamo sotto la sua finestra.

Ma non è finito tutto con il cercare le orme.

Incontriamo i bambini per farci dire da loro che cosa vuole indicare ogni coppia di orme.

Queste orme sono qui perché…

E loro sono bravissimi.

“Qui c’è un antico balcone con le mensole di pietra scolpite con i fiori”

“Queste indicano una chiesa che oggi non c’è più e al suo posto c’è una stanza dove ora andiamo al catechismo”

“Queste orme qua ce le avete messe perché lassù in alto si vede come erano fatte le antiche case di Monforte, con le pietre e tutti quei pezzettini piccoli di mattone”

“Guardate queste! Qui c’era la torre, infatti il muro non è dritto, ma è “a scarpa”, come ci avete detto quando siamo andati a S. Michele”

“Sì, è vero… e ci sono anche le buche pontaie che ci ha detto Nina!”

“Uhm… ma con queste che cosa volevate farci vedere?”

“Vediamo… queste in effetti sono difficili, ma potete capirlo da soli con un piccolo aiuto. Guardate bene quelle cornici….”

“Sono di pietra, con i fiori”

“Osservare meglio…. Sono di pietra?”

“No, sono di cemento, ma assomigliano a quelle di pietra, più antiche”

“Quindi che cosa ha fatto chi ha costruito questa casa?”

“Ha voluto fare la casa come erano quelle di un tempo”

“Bravissimi! Qualcuno ha voluto mantenere una tradizione, anche se ha impiegato materiali diversi. È importante non cancellare queste memorie non credete?”

E via di corsa verso le prossime orme.

Le strade si animano con i bambini che passano e qualcuno si affaccia a guardarci; una mamma scatta anche qualche foto con il telefono dalla finestra.

Quelle orme gialle a terra non indicano solo qualcosa da vedere. A ognuna di esse stiamo agganciando anche una traccia audio che si attiverà sul telefono attraverso l’app izi.TRAVEL.

Ovviamente i bambini sono stati i primi a sperimentare questa forma di racconto. Le tracce audio infatti non riproducono testi descrittivi, sul modello di una audioguida, ma cercano di coinvolgere emotivamente chi ascolta con storie, aneddoti, particolari che rendono i singoli “punti di interesse” dei luoghi di vita, lavoro e quotidianità, sia nel passato che nel presente.

Abbiamo chiesto ai nostri piccoli amici se hanno voglia di darci una mano, raccontando ad altri bambini che cosa c’è dietro ognuna delle orme gialle, creando così un percorso di conoscenza e ri-scoperta tra coetanei, con il loro linguaggio e ponendo l’accento su ciò che può catturare l’attenzione di un bambino.

Penso proprio che accetteranno, perché è a loro che abbiamo affidato la cura delle orme gialle.

Noi torneremo ancora a Monforte per completare il progetto e, chissà, magari anche per svilupparne di nuovi, ma sono loro d’ora in avanti i custodi di quel patrimonio che abbiamo scoperto insieme.

La piazzetta dell’acquedotto adottata dai bambini come spazio dove giocare e tenere viva la memoria dei giochi antichi di Monforte diventa “Piazzetta dei Bambini”.

Gli abbiamo consegnato la mascherina, perché con l’aiuto dei loro insegnanti e dei loro genitori possano rinfrescare il colore quando si sarà stinto e anche per segnare a terra qualche nuova coppia di orme, in corrispondenza di qualcosa che forse noi non abbiamo notato, ma che loro, i loro genitori o i loro nonni sanno essere importante per la storia antica o recente di Monforte San Giorgio.

Che a loro questa esperienza sia rimasta dentro, lo dice questa frase che ci hanno scritto in una splendida lettera e che ci si è stampata nel cuore:

ora guarderemo tutto con occhi diversi, perché sappiamo che dietro una pietra c’è la storia delle persone che hanno vissuto prima di noi.

Dopo avere letto la loro lettera, che contiene molte altre frasi davvero bellissime, siamo sempre più convinti che se l’educazione al patrimonio entrasse di più nelle nostre scuole e in generale nelle nostre vite, saremmo tutti persone decisamente migliori.

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